articolo a cura di Andrea Bronzini
Laureando in Scienze dell'Alimentazione e Gastronomia
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, il batteriologo Hans Muller fondò in Svizzera il Movimento dei Giovani Contadini, un piccolo gruppo di persone che promuoveva l’agricoltura biologica, con l’obiettivo di raggiungere un riconoscimento sul piano legale.
L’attenzione era posta alla lavorazione del terreno, che doveva essere ridotta al minimo al fine di non alterarne la composizione microbica.
Negli anni 60’ iniziò la cosiddetta “rivoluzione verde”, che consisteva nel massimizzare la produzione agricola al fine di ottenere maggiori profitti e prevede oltre ad un forte utilizzo della meccanizzazione, la diffusione della monocultura e l’impiego di prodotti chimici di sintesi per la concimazione e la difesa delle colture.
Oggi il mercato del “bio” in Europa vale oltre 35 miliardi, in Italia il boom risale al 2016, anno in cui si assistette ad un incremento del +20% delle superfici coltivate e degli operatori. Anche la GDO, allettata dalle interessanti opportunità economiche, ha deciso di inserirsi nel panorama del “bio” e ampliare gli spazi dedicati a questa tipologia di prodotti.
Il trend più significativo nel marketing alimentare degli ultimi anni è senz’altro quello relativo agli ambiti del biologico. Anche i prodotti che non rientrano strettamente in questa categoria tendono a incorporare nella propria promozione i temi mutuati dal mondo del “bio”.
Perché questo tipo di promozione funziona così bene?
Perché tocca i punti giusti dal punto di vista emotivo, e non c’è marketing che risponda bene agli stimoli emozionali quanto quello legato al cibo.
Sono sempre più le le aziende che modificano i propri prodotti, lavorando sulla loro percezione esterna, così da farli arrivare al cliente come un messaggio che parla di rispetto della natura e della salute, di ritorno alla genuinità e alle tradizioni, di attenzione a ogni fase della lavorazione.
Non si tratta solo di marketing perché a questi messaggi corrispondono politiche di trasparenza e controllo di tutta la filiera. Tutte queste operazioni tentano di ottenere la fiducia del cliente nel prodotto.
L’obiettivo primario consiste anche nel packaging, suscitando emozioni e sensazioni tramite elementi grafici e sfumature colorate.
I prodotti biologici tentano di attirare l’attenzione del compratore trasmettendo un messaggio ben preciso, motivo per cui il packaging della linea biologica è molto simile di marchio in marchio.
I colori più usati sono tre: verde, beige/marrone e giallo. Il verde trasmette una sensazione di quiete, freschezza e richiama la natura. Adatto per esaltare la natura vegetale, salutare e genuina del prodotto. La sfumatura tendente al pastello serve a rinforzare nel consumatore la percezione di un prodotto che ha origini biologiche. Vallelata per la linea di prodotti biologici mantiene la grafica della classica confezione, un prato verde che evoca la natura genuina del prodotto, aggiungendo uno sfondo sulle tonalità del marrone pastello. Anche Scotti per la versione biologica dei cracker opta per una confezione con sfumature di questo colore. Esso, infatti, richiama direttamente la terra. Restituisce quindi l’idea di un prodotto semplice e autentico. Anche le grandi catene di supermercati hanno realizzato linee biologiche a marchio proprio, ne è un esempio Esselunga, che per la propria linea biologica ha pensato a un packaging dal colore prevalentemente giallo.
Quest’ultimo ricorda la luce del sole alludendo a una coltivazione e lavorazione del prodotto che segue rigidi criteri cherispettano la rotazione dei terreni e l’assenza di utilizzo anticrittogamici e concimi chimici. Un caso d’eccezione è quello della Barilla che per la propria linea di pasta biologica non rinuncia all’iconico blu, che da anni la distingue negli scaffali dei supermercati. In questo caso si tratta però di una tonalità di blu più chiara tendente al pastello, che richiama la naturalezza del prodotto.
I prodotti biologici sono migliori per la salute?
Per rispondere a questa domanda bisogna prendere in considerazione due aspetti: la non presenza di residui chimici sui prodotti biologici e le loro caratteristiche nutrizionali.
I prodotti biologici contengono meno residui chimici rispetto a quelli di agricoltura tradizionale, come rilevano alcuni studi (ad esempio Baranski et al. 2014). Questo però non significa una maggiore salubrità. I livelli ammessi di residui chimici nei prodotti alimentari sono infatti innocui per la salute, e una loro diminuzione non aumenta la sicurezza e la salubrità del prodotto finale.
La seconda questione riguarda i valori nutrizionali dei prodotti biologici rispetto a quelli tradizionali. Se alcuni studi hanno rilevato differenze significative in alcuni valori nutrizionali tra prodotti biologici e tradizionali (come nel caso di una quantità maggiore di antiossidanti nei prodotti biologici), molti altri (ad esempio Smith-Spangler et al. 2012) hanno trovato differenze non significative.
In generale non esistono solide evidenze scientifiche che i prodotti biologici siano migliori
per la salute.
Ma il cibo bio è davvero più gustoso?
La risposta si trova nel cervello! Ecco cosa emerge da una ricerca. Che il cibo biologico non abbia impatti negativi sulla nostra salute è oramai indubbio, ma possiamo affermare con certezza che questi alimenti sono migliori dal punto di vista del sapore? A rispondere a tale domanda sono stati i membri della Abertay University, che sono giunti alla conclusione che gli alimenti biologici non hanno un sapore migliore rispetto
a quelli prodotti convenzionalmente, ma che il nostro desiderio di supportare standard di benessere nel trattamento degli animali e nel rispetto dell’ambiente, potrebbero portarci a convincerci che il cibo bio è più gustoso!
Per giungere a tale conclusione, gli esperti hanno chiesto a un campione di volontari di assaggiare succo di mela, cioccolato e biscotti identici, alcuni dei quali sarebbero stati etichettati come bio. Ebbene, proprio i presunti prodotti bio o etici avrebbero assunto un sapore migliore, nonostante fossero del tutto identici. Secondo uno studio svedese, infatti, la consapevolezza di gustare un alimento naturale, etichettato come biologico, potrebbe trarre in inganno le nostre papille gustative.
Il problema non riguarderebbe solo un confronto di sapori tra prodotti biologici e convenzionali, ma la capacità delle etichette alimentari di influenzare il nostro senso del gusto. Per quanto riguarda questo studio, anche se il caffè biologico non dovesse presentare un gusto migliore rispetto al caffè convenzionale, i vantaggi sarebbero ben altri e molto più importanti: divieto dell’impiego di pesticidi per la sua coltivazione.
Un’altro studio che ha portato alle stesse conclusione è stato condotto dai ricercatori dell’Università di Gavle, pubblicato sulla rivista PlosOne con il titolo di “Who Needs Cream and Sugar When There Is Eco-Labeling? Taste and Willingness to Pay for “Eco-Friendly” Coffee”.
La frutta biologica, secondo diversi studi contiene una maggior quantità di composti antiossidanti, utili per migliorare la nostra salute e garantisce una minore esposizione a metalli tossici e pesticidi. In particolare, risulterebbe più buona al gusto, avendo più difficoltà a crescere, i frutti sono solitamente più piccoli e le sostanze che conferiscono il classico “sapore” più concentrate.
Sulla nostra lingua sentiremo maggiormente il sapore di mela, o di pera, o di pesca, a causa della concentrazione maggiore.
Sugli alimenti biologici si discute da tanto tempo e come tante discussioni c'è chi è assolutamente a favore, c'è chi è del tutto contrario, c’è chi dice che sono tutta una truffa e che il sovrapprezzo non è assolutamente giustificato e chi compra tutto nel negozio biologico, convinto che quella scelta sia assolutamente salutare.
In realtà, come quasi sempre, la verità è che il prodotto biologico, se è veramente biologico, indubbiamente ha il vantaggio di essere meno potenzialmente tossico, cioè meno ricco di sostanze che hanno il potenziale di creare qualche problema e comunque di sostanze che probabilmente il consumatore attento preferisce non ingerire in grandi quantità.
Alla luce degli studi scientifici, biologico non equivale a salutare, il termine significa soltanto che quell'alimento ha un contenuto di sostanze chimiche minore di un alimento che è stato prodotto con metodologie convenzionali.
Allora attenzione perché se io decido di prendere il vino biologico e ne bevo 4 litri mi viene comunque la cirrosi, se decido di riempirmi di biscotti biologici sono sempre biscotti, se prendo le patatine fritte bio, rimangono patatine fritte. Allora qui è importante capire che non è che se acquisto un prodotto con il marchio BIO faccio una scelta salutare, faccio semplicemente una scelta che mi espone a meno sostanze chimiche ma che comunque può essere una scelta che riguarda un prodotto che non va considerato salutare.
In fin dei conti, non dobbiamo mai affidarci totalmente a un’etichetta, a un marchio perché comunque, anche se positivi, alla fine continuano a rappresentare anche degli interessi economici e noi come consumatori non dobbiamo perdere la capacità di saper distinguere, del leggere gli ingredienti, di capire se quel prodotto che sto scegliendo è un prodotto veramente salutare o è un prodotto in cui è stato ridotto il potenziale di farmi un danno ma non è stato però per questo trasformato in un prodotto che mi fa bene.
Quindi è sempre importante mantenere un’occhio critico, capire cosa stai andando a comprare e non farsi “illudere" semplicemente da un marchio.
In generale, sul valore nutrizionale degli alimenti ottenuti secondo il disciplinare di produzione biologica occorre fare delle distinzioni:
I vegetali biologici risultano superiori in virtù del maggior contenuto di vitamina C, ma anche più sicuri per via dei ridotti livelli di pesticidi, cadmio, nitriti e nitrati in essi riscontrati; è da considerarsi invece negativo il quantitativo inferiore di vitamina E registrato rispetto alle colture convenzionali;
Le carni biologiche presentano concentrazioni rilevanti di acidi grassi polinsaturi della serie omega-3 e di ferro rispetto alla convenzionale;
Il latte biologico contiene elevate percentuali di omega-3, tuttavia l’apporto di iodio derivante dall’assunzione di questi risulta significativamente ridotto se paragonato al latte convenzionale.
Dal momento che uno stato di eunutrizione è raggiungibile senza il ricorso a un’alimentazione particolare bensì con una dieta varia ed equilibrata, l’unica strategia dietetica efficace che concorre allo stato di salute di un individuo rimane una regime alimentare bilanciato e non necessariamente basato sul consumo di alimenti biologici.
Andrea Bronzini
Fonti:
https://www.cambridge.org/core/journals/british-journal-of-nutrition/article/ higher-antioxidant-and-lower-cadmium-concentrations-and-lower-incidence- of-pesticide-residues-in-organically-grown-crops-a-
systematic-literature- review-and-metaanalyses/33F09637EAE6C4ED119E0C4BFFE2D5B1
https://www.cambridge.org/core/journals/british-journal-of-nutrition/article/ composition-differences-between-organic-and-conventional-meat-a- systematic-literature-review-and-metaanalysis/B333BC0DD4B23193DDFA2273649AE0EE
https://www.cambridge.org/core/journals/british-journal-of-nutrition/article/ higher-pufa-and-n3-pufa-conjugated-linoleic-acid-tocopherol-and-iron-but- lower-iodine-and-selenium-concentrations-in-organic-milk-a-systematic- literature-review-and-meta-and-redundancy-analyses/A7587A524F4235D8E98423E1F73B6C05
https://www.ninjamarketing.it/2019/05/23/mercato-biologico-emozioni- marketing/
Barański, M. et al. (2014). “Higher antioxidant and lower cadmium concentrations and lower incidence of
pesticide residues in organically grown crops: a systematic literature review and meta-analyses”. British
Journal of Nutrition.
Smith-Spangler et al. (2012). “Are organic foods safer or healthier than conventional alternatives?: a
systematic review”. Annals of internal medicine.
De Ponti et al. (2012). “The crop yield gap between organic and conventional agriculture”. Agricultural
Systems.
Alex Ravelli Sorini, Susanna Cotini, Manuale di gastrosofia, Ali&No,2020
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