...E LA SPIEGAZIONE LACANIANA.
articolo a cura di Claudio A. Lombardo
Laureando in Scienze dell'Alimentazione e Gastronomia
La crescente diffusione del sovrappeso e dell’obesità odiernamente ha richiamato l’attenzione delle autorità sanitarie, in quanto si accompagna ad elevata morbilità e mortalità.
Si tratta secondo l’O.M.S. della più grave emergenza sanitaria del ventunesimo secolo.
Negli ultimi anni, numerosi studi hanno osservato che una perdita di peso corporeo del 10% è in grado di determinare significativi benefici e di ridurre la maggior parte delle complicazioni associate all’obesità (Barbieri, Tronchin, 2010).
L’apporto tradizionale della scienza nei confronti dell’obesità ed il sovrappeso - confinato soprattutto ai paradigmi provenienti dal mondo della dietologia - sembrano non arginare in modo efficiente tali problematiche.
Soggetti obesi e in sovrappeso molto frequentemente intraprendono regimi alimentari dietetici nel corso della loro vita, oscillando continuamente tra riduzioni e aumenti di peso. E proprio le diete ipocaloriche sembrano essere responsabili del circuito restrizione-disinibizione dal comportamento alimentare inadeguato che da esse scaturisce: il Wight-Cycling Syndrome (sindrome della fluttuazione del peso) (Beck, 2008).
Anche queste oscillazioni potrebbero influire sulle condizioni psicologiche, visto che non riuscire a mantenere il peso raggiunto con le diete provoca sentimenti di fallimento personale, di perdita del controllo sulla propria vita e di scarsa autostima (Simkin-Silverman, Wing, Plantinga, Matthews, Kuller, 1998).
La lettura lacaniana dell’obesità
I disturbi del comportamento alimentare possono essere considerati come malattie culturali la cui funzione è lanciare un messaggio ambiguo o doppio messaggio al mito dell’apparenza e della salute corporea in quanto valori dominanti nella società attuale (Caillè,1988). L’idea di un perfezionismo corporeo (in molti casi mai raggiunto o mantenuto), di cui la nostra società si “nutre”, può generare severe frustrazioni inconsce che possono manifestarsi nella ricerca compulsiva del divieto imposto (il cibo) affinché, tale perfezione, possa avverarsi (la perfezione corporea). Di base, la mancanza del segno è a creare questo disequilibrio.
L’idea della divorazione come compensazione è ribadita da Lacan quando afferma che la bulimia è la compensazione attraverso un oggetto reale di una frustrazione d’amore, dove l’oggetto reale (il cibo) permette all’individuo di compensare ciò che non ha avuto a livello simbolico, ovvero il dono d’amore, il segno della mancanza dell’Altro. Tanto meno sarà stato presente il segno del dono, il segno della mancanza dell’Altro, tanto più sarà necessario per il soggetto consumare furiosamente l’oggetto reale scambiandolo per il segno, facendone più precisamente un surrogato del segno d’amore.
In questo senso dove non c’è il segno d’amore c’è l’oggetto della compensazione (Recalcati, 2002). Ma l’oggetto della compensazione - ecco il dramma in cui si trovano il soggetto bulimico e quello obeso - non potrà mai fare “segno d’amore” perché l’oggetto che serve a compensare l’assenza del segno evoca continuamente la nostalgia di ciò che rimpiazza.
Il senso di colpa dell’obeso
Il senso di colpa marca fortemente e accomuna l’esperienza dei pazienti obesi che si sentono in colpa perché cedono, perché mangiano, perché non riescono a controllarsi.
Spesso tali sofferenze insorgono come conseguenza della stigmatizzazione sociale che rende le persone obese oggetto di pregiudizi negativi, derisione, svalutazione ed emarginazione (Gambino, Cuzzolaro, 1998). Il sé è profondamente eterodefinito: è lo sguardo dell’altro a confermare o disconfermare il valore individuale (Guidano, 1988).
Inoltre, l’immersione in un ambiente critico rende più facile l’emersione di pensieri, emozioni e comportamenti associati a situazioni problematiche e spesso ansiogene per il soggetto.
Da una parte, quindi, l’obesità emerge anche come malattia della cultura; dall’altra, la nostra società fabbrica sempre più obesi, ma li tollera male (De Cristofaro, 2002).
Alcuni obesi soffrono di disturbi mentali e problemi psicologici (DA, percezione alterata dell’immagine corporea, ecc.), ma possono esistere altri disagi psicologici a falliti tentativi di mantenimento del peso come la frustrazione, pensieri di sconfitta ed insuccesso per non riuscire a rispondere alle richieste sociali di magrezza (Simkin-Silverman et al., 1998).
Conclusioni
Secondo le condizioni diagnostiche dell’asse I (disturbi clinici, caratterizzati dalla proprietà di essere temporanei o comunque non strutturali), e disturbi in asse II, (disturbi di personalità e ritardo mentale) del DSM rientrano i comportamenti dannosi per la salute e, l’obesità, può essere definita una condizione somatica profondamente influenzata da comportamenti inadeguati (Cuzzolaro, 1998).
Un recente studio condotto in Svezia ha dimostrato l’efficacia della terapia cognitiva per dimagrire. I soggetti arruolati nel programma di terapia cognitiva hanno perso circa 9 chili in 10 settimane di trattamento. Quando i partecipanti dello studio vennero valutati un anno e mezzo dopo il trattamento, non solo quasi tutti (il 92%) avevano mantenuto la riduzione di peso, ma la maggior aveva anche perso altro peso (Beck,
2007).
Quanto appena detto pone una logica nella nostra cultura che propone diete, e in generale controllo alimentare, come strumenti più efficaci per riuscire a ridurre l’insoddisfazione della propria immagine corporea (McElhone et al., 1999; Riva, G., et al 2012).
Claudio A. Lombardo
Bibliografia
Cuzzolaro, M., and M. Magnani. "Obesità e disturbi del comportamento alimentare." Obesità. Rome, Italy: Kurtis, 1998.
Riva, G., et al. "Le frontiere delle nuove tecnologie nella cura dell’obesità: La realtà virtuale." Clinica psicologica dell’obesità”. Springer Milano,
2012. 273-291
McElhone, Sinead, et al. "Body image perception in relation to recent weight changes and strategies for weight loss in a nationally representative
sample in the European Union." Public Health Nutrition 2.1a (1999): 143-151.
Beck A.T. Steer R.A. , Brown G.K., “Manual for Beck Depression Inventory-II, San Antonio (TX)” , Psychological Corporation, (1996).
Simkin-Silverman, L. P., Wing, R. R., Plantinga, P., Matthews, K. A., Kuller, L. H., Lifetime weight cycling and psychological health in normal
weight and overweight women. International Journal of Eating Disorders, 24(2), pp. 175-183, (1998).
De Cristofaro, Paolo. Basi metodologiche dell'approccio psico-nutrizionale. SEE Editrice Firenze, 2002.
Guidano V.F. , La complessità del sé. Torino: Bollati Boringhieri; Bara B.G., Stroppa Beretta S. (1996). L’organizzazione cognitiva di tipo
psicosomatico. In: Bara B.G., a cura di, Manuale di psicoterapia cognitiva. Torino: Bollati Boringhieri, 1998.
Gambino C., S.Liberti, M.Cuzzolaro; Obesità e disturbi psicopatologici. Obesità trattato multidisciplinare (pp.505-507). Kurtis: Milano, 1998.
Massimo Recalcati, “Il troppo pieno dell’obesita’”, Clinica del vuoto; anoressie, dipendenze, psicosi, Franco Angeli, Milano, 2002.
Barbieri, Cristiano, and Michele Tronchin. Disturbi del comportamento alimentare e matrimonio canonico. Gregorian Biblical BookShop, 2010.
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