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IL GUSTO: tra storia e filosofia

articolo a cura di RITA MAURO

Laureanda in Scienze dell'Alimentazione Gastronomia


Nella gerarchia dei sensi il gusto, l’olfatto e il tatto vengono considerati sensi prossimali in quanto inadeguati a conoscere il mondo mentre la vista e udito sono sensi distali. La superiorità della vista e dell’udito risiede nel fatto che entrambi operano in base a una distanza tra l’oggetto e l’organo percipiente,spostando l’attenzione dal corpo del soggetto percipiente all’oggetto percepito che è esterno al corpo e rendendo certa e sicura la conoscenza.

Contrariamente il gusto l’olfatto e il tatto sono rinvenuti nel corpo attraverso le dita, la bocca

e il naso quindi considerati minori perché soggettivi e legati agli istinti e alle passioni del

corpo mentre la vista e l’udito sono superiori perché collegano i sensi e l’intelletto alla parte

razionale e cognitiva dell’essere umano.


Secondo Aristotele l’anima era suddivisa in una parte vegetativa, una sensibile e una razionale, sapori e odori rientravano nella sfera sensibile ma questa teoria verrà totalmente annullata dalle ipotesi sul estetica e sul gusto di Kant che sosterrà che l’estetica non riguarda la ragione e l’intelletto ma produce giudizi che nascono

dalla capacità di giudizio e non dalla sensibilità. Per Kant il giudizio di gusto è quello con cui si valuta qualcosa di bello e propone un estetica della contemplazione in cui sono implicati intelletto e ragione ,condizioni esclusivamente dell’essere umano, mentre separa il corpo, gli istinti, i piaceri, i sensi dell’estetica di Baumgarten e Leibiniz, dal gusto e dal concetto di conoscenza.


Il termine “gusto” nel suo significato letterale, quello usato nell’antichità e nel Medioevo, è

riferito a un senso umano e rientra nella gerarchia dei sensi mentre il concetto di gusto come “persona di buon gusto” o “avere buon gusto” e legato a un senso metaforico del termine che

entra nel linguaggio comune a partire dal XVII secolo caratterizzando l’ambiente filosofico e

culturale del periodo infatti il settecento viene considerato il secolo del gusto.


Nel Rinascimento il concetto di gusto assume un significato più ampio e la parola acquista un

significato traslato e metaforico in quanto proprio in questo periodo si sviluppa un nuovo

concetto di arte e di artista libero di esprimersi, un l’arte come piacere estetico individuale.

Il gusto entra tra i concetti del piacere legati al corpo, ai sensi, all’istinto cioè non più legati

solo alla ragione e in questo contesto che il gusto” metaforico” diventa il vero concetto di gusto mentre quello letterale viene completamente escluso dal sapere, inizia un nuovo periodo, siamo nel Settecento, in cui il gusto compare in contesti filosofici e culturali e rimane in maniera marginale il significato di gusto legato ai piaceri del palato. Alla fine del Settecento entrambi i significati decadono e si torna a paragonare il termine a qualcosa di frivolo e sfuggente.


-Le regole del gusto -

Come si può definire una cosa bella o brutta? Ho definire un quadro più bello di un altro?

Esiste un criterio del gusto per comprendere questo rapporto? Chi detiene o può detenere il criterio di gusto? Molti filosofi tra cui Hume, Kant, Hegel e Nietzsche per anni interessati all’estetica hanno cercato di trovare una legge universale che permetta alle persone di considerare qualcosa unanimemente bella o brutta ma la ricerca non ha mai portato ad alcun risultato. Secondo il filosofo scozzese David Hume ci sono cinque regole fondamentali che caratterizzano il buon gusto:

  • la regolarità degli organi interni ossia il buono stato degli organi sensoriali in quanto ad esempio con un raffreddore non si percepirebbe un gusto da giudicare

  • la delicatezza dell’immagine in quanto Hume sostiene che la bellezza è soggettiva e risiede negli occhi di chi guarda e proprio per questo non si può ricercare una bellezza universale

  • la pratica attraverso l’allenamento dei gusti migliorando così l’abitudine nel giudicare, senza l’allenamento non saremo in grado di giudicare se una cosa e bella o brutta

  • il confronto necessario per definire esteticamente un soggetto, solo avendo visto e confrontato vari tipi di bellezza si acquisisce pratica per poter giudicare

  • la libertà del pregiudizio in quanto il pregiudizio è distruttivo per il sano giudizio e non permette all’intelletto di comprendere cosa è davvero bello

RITA MAURO

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