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IL SIGNIFICATO DEL CIBO NELLA FILOSOFIA

articolo a cura di RITA MAURO

Laureanda in Scienze dell'Alimentazione Gastronomia


Una corretta Alimentazione incide sul benessere psicofisico dell’essere umano, un adeguato apporto di nutrienti e energia costituiscono un buon stato di salute ma nella nutrizione è altrettanto importante conoscere il legame tra cibo e uomo e il rapporto che ne scaturisce dalla loro unione, approfondire l’importanza che riveste l’atto di mangiare, un azione che svolgiamo quotidianamente ma a cui a volte non si presta l’adeguata attenzione, favorisce un approccio consapevole e armonioso con il cibo aiuta a contestualizzarlo come un piacere e non strettamente come una necessità.

Fin dall’antichità si è prestato attenzione all’atto di nutrirsi e al cibo ma la processualità e la necessità di sfamarsi rivestiva una condizione di bisogno legato a un impulso naturale sia

umano che animale, da questo si deduce come l’alimentazione non rientri ,in quanto gusto,

olfatto e tatto considerati “sensi minori”, nell’interesse del pensiero filosofico.


La filosofia occidentale di Platone, Sant’Agostino e Aristotele tendeva a separare l’uomo dall’animale e proponeva una concezione dualistica tra corpo e mente. L’atto del mangiare era considerato un atto d’impeto assecondato dagli impulsi non governato tipico degli animali mossi dall’istinto e il bisogno. L’uomo, secondo un ordine naturale degli elementi terreni, risiedeva al vertice con razionalità e capacità di contenersi alla materialità in quanto l’essere umano era dotato di anima e mente. Da qui nasce, per il pensiero filosofico del tempo, l’esclusione a tutto ciò che riguarda la dimensione corporea quindi piacere e bisogni. Secondo Platone nell’assecondare i propri impulsi non ci si distingue dagli esseri inferiori, ma comunque l’uomo possedendo la razionalità è in grado di frenare gli istinti utilizzando i sensi della vista e dell’udito ,”sensi superiori”, così che possa raggiungere fini ulteriori considerati “alti” completamente differenti dalla natura corporea di gusto olfatto e tatto.

Nel Fedone il Socrate di Platone osservava :” Ti pare che un vero filosofo possa curarsi di piaceri come quelli del mangiare e del bere? - Niente affatto – rispose Simmia – E di quelli dell’amore? Nemmeno. Credo che il vero filosofo le disprezzi tutte queste cose “.

Aristotele assume una posizione netta sulla superiorità riconosciuta ai sensi intellettuali rispetto a quelli corporei, cedere ai primi godendo per esempi degli odori e dei gusti dei cibi, è segno di debolezza morale, cedere ai secondi emozionarsi al suono di una melodia , alla vista di una cosa bella o all’odore di un buon profumo vuol dire rafforzare la propria umanità, differenziarsi dagli animali.


Il piacere per il cibo, come il sesso, per le religioni dualistiche, rappresenta un pericolo per l’integrità e la purezza spirituale così che anche i filosofi vedevano nei piaceri alimentari un ostacolo all’elevazione intellettuale e al pensiero. Impegnati a pensare e esaltare le abilità intellettuali, i filosofi hanno finito con il dimenticare di avere un corpo dotato di sensi che mediano il rapporto con la realtà alimentando una sorta di cecità cognitiva nei confronti della conoscenza sensibile e in particolare nei confronti dei sensi più compromessi con l’esperienza corporea.


In contrapposizione alla teoria dualistica di Platone (427-347 A.C) il filosofo greco Epicuro (341-270 A.C) propone una visione monistica del pensiero occidentale dove corpo e mente sono legate e componenti di un unico elemento, testa e stomaco sono due parti diverse di un unico corpo che lavorano insieme e da esseri umani non dovremmo ambire a conoscere le forme pure e ciò di cui abbiamo bisogno è una conoscenza che sia utile e che rispetti i limiti umani.

Oggigiorno la filosofia contemporanea si occupa, a partire dalla seconda metà del secolo scorso, della cucina come della moda e del design. Il cibo rientra tra le “arti belle”in quanto l’estetica dopo Baumarten viene definitivamente collegata all’arte e alla bellezza di un certo tipo: quella di alcune arti “arti belle”. . Il giudizio estetico è il frutto del libero gioco dell’intelletto e dell’immaginazione, bello è ciò che piace perché si riconosce in esso una certa forma, senza riconoscere uno scopo particolare o una utilità di alcun tipo, perché si riconosce

in esso una finalità senza scopo.

Fondatore dell’estetica Alexander Gottlieb Baumgarden (1714-1762) da Aisthesis : Sensazione, relativo al sensibile. La sua estetica non si propone in primo luogo come una scienza dell’arte, né come una filosofia del bello artistico, bensì trae origine dal tentativo di condurre una riflessione metodica a partire da una serie di distinzioni relative alla teoria della conoscenza su ambiti del sapere della poetica e della retorica. Per Baumgarden l’estetica doveva servire alla vita pratica , per conoscere ed educare bene la sfera del sensibile quella

che occupa la gran parte della nostra esistenza egli definisce l’estetica come teoria delle arti liberali, arte del pensare in modo bello, la scienza della conoscenza sensitiva.


Una conoscenza definita chiara e confusa in quanto gli elementi sono riconoscibili ma non analizzabili perché fusi insieme e impenetrabili a un’analisi razionale, come sosteneva Leibniz , le qualità come sapore e odore erano sensibili e secondarie perché escluse secondo il razionalismo cartesiano dalle conoscenze.

L’estetica nel ‘700 si prospetta come una riflessione sul gusto e il sapore in quanto sensibilità, sensi e gusto sono campi molto connessi tra loro.


rita mauro

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