articolo a cura di Nicole Di Michele
Laureanda In Scienze dell'Alimentazione e Gastronomia
La vitamina D è un ormone steroideo, deriva dal colesterolo e ha la capacità di modulare l'espressione genica agendo sui recettori intracellulari. In natura esiste l'ergocalciferolo o vitamina D2, esclusivamente di origine vegetale e la vitamina D3, di interesse in questo articolo, quest'ultima viene prodotta dai mammiferi. Per l'80-90% la quantità della vitamina è prodotta a livello della cute, dopo essere stata esposta alla radiazione ultravioletta.
La restante parte è esogena, cioè assunta attraverso l'alimentazione. Dopo l'ingestione, dei cibi che la contengono, si ha il passaggio attraverso la barriera intestinale e l'arrivo nel sangue.
E' bene però ricordare che, sia la vitamina D esogena che endogena, si presentano come provitamina, ovvero una molecola inattiva, che per esercitare la sua funzione viene trasformata chimicamente nel fegato e nei reni, da calciferolo diventa calcitriolo. Il fabbisogno giornaliero di vitamina D è di 400 unità in assenza di fattori di rischio, quantità che può essere aumentata fino a 1000 unità in presenza di deficit o condizioni cliniche particolari.
Per garantirne un adeguato apporto è opportuno conoscerne le fonti alimentari, tutte accomunate dalla presenza di una componente lipidica, la quale garantisce la solubilità della molecola,
ecco che le principali risorse sono nel pesce azzurro, nelle uova e nei formaggi grassi.
Ha diverse funzioni fondamentali per il nostro organismo: interviene nell'omeostasi e cioè nell'equilibrio del metabolismo del calcio nelle ossa e nella loro mineralizzazione, ha risvolti sul sistema immunitario, sul rischio di malattie cardiovascolari e sul sonno.
In condizioni fisiologiche la concentrazione della vit. D e dei suoi recettori tende a ridursi con il progredire dell'età, motivo per cui risulta essere fondamentale un buon apporto nelle prime fasi di vita, per evitare carenze successive da malassorbimento.
La vitamina D è sicuramente rinomata per la sua funzione di prevenzione verso la demineralizzazione ossea, regola infatti l'equilibrio nella deposizione dei sali minerali: calcio e fosforo nello scheletro. La vitamina assunta si lega infatti ai suoi specifici recettori a livello intestinale portando così i minerali nel torrente ematico. Queste circostanze inducono una stimolazione della secrezione di calcitonina che veicola i minerali nelle ossa rinforzandole.
Scoperte successive, sulla localizzazione del recettore per la vitamina D, hanno fatto sì che gli studiosi si
interrogassero sulle possibili altre implicazioni fisiologiche di questo ormone, in altre aree del corpo
umano.
Correlazioni sono state riscontrate a livello muscolare, i soggetti carenti infatti presentavano una
progressiva riduzione del numero di fibre muscolari bianche, adatte ad attività anaerobiche di breve durata, tendenza che veniva invertita dall'integrazione di vitamina nella dieta. Si riscontrano deficit considerevoli di vitamina in soggetti propensi al catabolismo, una sua quantità adeguata rende più efficace la contrazione muscolare, favorisce il recupero e stimola l'anabolismo, attraverso il rapporto diretto tra la quantità di vitamina D e l'IGF-1, metabolita dell'ormone della crescita, fondamentale per i processi di biosintesi e immagazzinamento delle sostanze.
Un altro ruolo, sempre più considerato di questa vitamina, è la sua implicazione nella fisiopatologia della
depressione. La depressione è una condizione caratterizzata da forte anedonia e particolarmente diffusa
nel mondo. Sono tre le prove principali che confermano una relazione tra lo status del calciferolo e i
sintomi depressivi: in primo luogo, nelle persone depresse i livelli di vitamina D sono ematicamente più
bassi rispetto ai soggetti usati come campione di controllo; secondo, si è riscontrata la presenza di
recettori per la vitamina D in varie parti del sistema limbico cerebrale, cervelletto e della corteccia, tutte
aree deputate al controllo delle emozioni e del comportamento; terzo il suo ruolo modulatorio nella
regolazione delle vie immunoinfiammatorie che si sono trovate rilevanti per la fisiopatologia della
depressione. La depressione è una condizione multifattoriale, caratterizzata da una componente di
predisposizione genetica rilevante, tra i fattori che contribuiscono alla sua manifestazione, vi sono stati
infiammatori cronici e stress ossidativo. La neuroinfiammazione è una teoria imminente e basilare per la
depressione, ecco perchè tra le modalità di cura, i trattamenti farmacologici hanno questa funzione
specifica. Le proprietà antiossidanti della vitamina D potrebbero essere rilevanti nel mantenere
l'omeostasi in questo contesto, migliorando la sintomatologia. Alcuni studi hanno dimostrato che bassi
livelli di vitamina D sono associati a elevati livelli di marcatori infiammatori sistemici. Ciò fornisce una
base per comprendere i meccanismi alla base del miglioramento dei sintomi depressivi dopo l'aggiunta di
vitamina D al regime terapeutico.
Molteplici analisi su modelli animali, hanno indicato i potenziali effetti anti-infiammatori della vitamina
D a livello ippocampale e dell'ipotalamo, sottolineando che il suo effetto modulatorio sul cervello deriva
dalla sua capacità di stimolare il fattore neurotrofico (BDNF), ottimale per preservare la salute e la
funzionalità neuronale, contribuendo anche all'inibizione di molecole proinfiammatorie, definite
citochine .
Tutti i meccanismi biologici che legano la vitamina D con la salute mentale non sono ancora del tutto
chiari e compresi, eppure questa molecola è considerata fondamentale nella fase di screening preventivo
e nell'ausilio terapeutico, per le caratteristiche sopra menzionate, per cui è importante curarne l'assunzione
e l'assorbimento in base al proprio fabbisogno.
Nicole Di Michele
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