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PANE E PASTA: VANTAGGI E CRITICITà

articolo a cura di Andrea Bronzini

Laureando in Scienze dell'Alimentazione e Gastronomia


L’Istituto Nazionale della Nutrizione (IN- RAN), oggi CREA-Nut, indica che in Italia il consumo medio di cereali è di circa 260 grammi al giorno, principalmente dovuto al pane (103 grammi) e alla pasta (54 grammi). In altri paesi europei dove la tradizione alimentare è diversa il consumo è inferiore, sia per qualità che per quantità.

Pane e pasta apportano il 30% delle calorie introdotte dagli italiani ogni giorno, fornendo il 40% circa delle fibre, aminoacidi, il 25% del ferro. Se combinati in modo corretto nei pasti, insieme agli altri alimenti, i cereali soddisferebbero pienamente le quotidiane necessità nutrizionali.


Quali criticità: Il pane e la pasta sono una delle principali fonti di sale (sodio) nella dieta italiana; insieme all’alto contenuto di sale c’è anche la rapida assimilazione, dovuta alle tecniche di raffinazione che privano la pasta della componente fibrosa, da ciò ne deriva un più alto indice glicemico dei cereali.

Ormai è certo che i grandi consumatori di cereali integrali sono più protetti dal rischio di malattie cronico-degenerative, a partire dal diabete e dalle patologie cardiocircolatorie, infatti il rischio relativo di sviluppare diabete risulta ridotto del 25% e al 20% in meno è il rischio di malattie cardiovascolari. Questo perché Il cereale integrale, nel quale si mantiene gran parte del chicco, oltre alla frazione amidacea e a quella fibrosa, contiene antiossidanti, vitamine e minerali.


La pasta stimola una risposta glicemica meno notevole rispetto ad altri prodotti a base di cereali, proprio perché la lavorazione del prodotto e la presenza delle proteine, inducono una digestione meno rapida dell’amido. Nel caso del pane invece, l’indice glicemico è medio-alto, tuttavia può essere migliorato impiegando farine contenenti fibre che rallentano la digestione, come i betaglucani.


L’industria sta riducendo il contenuto di sodio nei prodotti, infatti alcune associazioni di panificatori, si sono impegnate a diminuire il contenuto di sale nel pane, nonostante si tratti di un ingrediente utile dal punto di vista della lavorazione, della conservazione e del gusto del prodotto finito. Per ridurre il sale ed evitare di ottenere prodotti insipidi, va cambiata la ricettazione: è stato per esempio dimostrato che utilizzare un impasto a strati, interponendo un impasto senza sale a due salati normalmente, riduce il contenuto di sale

di circa un terzo, mantenendo di fatto intatta la percezione gustativa.


Nel caso della pasta, è possibile ridurre il contenuto di sale in modo efficace pur mantenendo il gusto, con una cottura in acqua non salata, aggiungendo il sale solo negli ultimi minuti. Ad esempio, su un tempo di cottura medio di 10 minuti, 8 vengono lasciati alla cottura senza sale e gli ultimi due all’aggiunta di sale che penetrerà solo nello strato esterno: il gusto resta invariato, ma la quantità di sale assunta si riduce di circa un terzo.

Sfatiamo un mito: nella dieta del soggetto diabetico non devono mancare i carboidrati, è invece importante mirare ad una distribuzione equilibrata dei pasti. I carboidrati, sono per tutti i fornitori principali di energia, necessaria per far funzionare i muscoli e per dare carburante al cervello. La quota necessaria per il paziente con diabete è quindi la stessa di un soggetto sano, pari al 50-55% delle calorie totali assunte nella giornata. In pratica, pasta e pane non devono mancare ed è importante anche che alcuni carboidrati semplici come zuccheri del latte e di gran parte della frutta vengano inseriti in modo bilanciato.


La dieta deve essere perciò una vera e propria terapia, indispensabile per tenere lontana questa epidemia mondiale, con 360 milioni di malati (cifra destinata a raddoppiare nel 2030). Nella sola Lombardia, su 10 milioni di residenti, ci sono 550 mila diabetici e 200 mila soggetti con intolleranza ai carboidrati e che potranno sviluppare diabete nei prossimi anni.


Il tipo di alimentazione che risponde alle più corrette indicazioni è la Dieta Mediterranea, l’unica per la quale ci siano dimostrazioni scientifiche di efficacia che vengono costantemente aggiornate.


Ogni italiano consuma oltre 25 kg di pasta all’anno. Il profilo nutrizionale della pasta di qualità come quella italiana, è innegabile e il suo inserimento nei profili nutrizionali approvati a livello internazionale ne è la prova, grazie al contenuto di carboidrati a lenta digestione.

Il successo della pasta Made in Italy deriva dalla sua polivalenza in cucina, delle ottime qualità nutrizionali e anche da un costo economico. Per questo è molto apprezzato nei Paesi Terzi, dove spesso emerge la necessità di “Nutrire il Pianeta” associando il risparmio monetario e l’apporto nutrizionale (con 500 g di pasta si può soddisfare il fabbisogno di una famiglia a costo di un prezzo molto contenuto).

Anche nelle aree di eccesso alimentare, l’inserimento della pasta associata a verdure, legumi, carne, pesce, diventa un ottimo piatto unico, in grado di soddisfare il gusto e di salvaguardare la salute, grazie alle proprie caratteristiche. La pasta ha inoltre un bassissimo impatto ambientale, dal 2008 infatti secondo l’apporto di Aidepi (Associazione delle industrie del Dolce e della Pasta) i consumi idrici e l’emissione di CO2 sono diminuiti

entrambi di circa il 20% e anche nella realizzazione del packaging si attesta al di sotto del 15% delle emissioni di anidride carbonica. Sfortunatamente, la pasta oggi deve fronteggiare attacchi e mode privi di fondamenti scientifici, come ad esempio la preferenza in crescita per i prodotti senza glutine: quando la scelta non è motivata da reali necessità di salute (nel caso delle persone celiache) il risultato è l’assunzione di un alimento

impoverito.


Fonti:

https://www.welovepasta.it

https://www.diabete.com

https://www.nutrition-fondation.it

https://www.fiberpasta.it

https://www.crea.gov.it

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