un viaggio nella terra dei Nuraghes alla scoperta di nuovi sapori ed orizzonti
articolo a cura di Margherita Pascariello
Laureanda in Scienze dell'Alimentazione Gastronomia
“Qua in Sardegna regna il buonumore Anche quando è il caso di nascondere il dolore”
Con questa citazione del cantante Cremonini nella sua canzone dedicata a questa regione speciale, inizio il
viaggio nel Mar Mediterraneo in questa isola a me cara.
Per molti è un luogo fuori dal tempo e dalla storia... per me invece si tratta dell’ Atlantide italiana, un
universo da scoprire, un vero e proprio Paradiso, con il mare più bello del mondo ed un entroterra fuori
dagli schemi attuali. Restando sul tema “cantanti” l’immenso Fabrizio de André ha speso testuali parole in
merito a questa terra immersa nel Tirreno: “Dal punto di vista della qualità, a parte il devastante spettacolo delle aree suburbane, la vita in Sardegna è forse la migliore che un uomo possa augurarsi: ventiquattro mila chilometri di foreste, di campagne, di coste immerse in un mare miracoloso dovrebbero coincidere con quello che io consiglierei al buon Dio di regalarci come Paradiso.”
Potremmo dunque pensare si tratti di un posto perduto, non essendo mai appartenuta a nessun luogo nello
specifico, con contaminazioni dalla Spagna e dagli Arabi e dai Fenici, più di tutto. Ma come se non avesse
mai veramente avuto un destino. Nessun fato. Lasciata fuori dal tempo e dalla storia.
Il paradiso dei pastori sardi...
Certo per chi è abituato a pensare alla Sardegna smeraldizzata, alla Sardegna come regione monostagionale, può sembrare una stranezza pensare alla montagna, al clima alpino, al freddo secco, alla neve... Eppure basta voltarsi dal mare alla terra e si possono vedere le montagne che si gettano nell’acqua.
Dentro a quelle montagne abita la sostanza di un territorio molto folklorizzato, ma ancora sconosciuto nella
sostanza. Perché come l’estate sostanzia il mare, l’inverno sostanzia i monti... Ed è proprio lì che si è sviluppata la storia di in arte culinaria povera e ricca allo stesso tempo, con delle tradizioni e dei piatti ben distinti dalle cucine di tutte le altre regioni italiane. Ingredienti come la semola di grano duro, la carne ovina, il formaggio e il miele sono alla base delle preparazioni tipiche della perla del Tirreno. Una gastronomia di mare ma soprattutto di terra che non smetterà mai di stupirci e deliziarci in ogni sua declinazione: dal pane carasau al porcheddu, dalla fregola ai culurgiones o alla zuppa gallurese, dalla bottarga ai ricci di mare, dalle seadas al mirto.
Origini della Cucina Sarda: una storia povera ma ricca
La cucina ed i prodotti della gastronomia sarda rispecchiano il forte attaccamento alla tradizione; la cucina
sarda rappresenta in certo modo l’espressione di abitudine radicate, provenienti dai costumi del passato,
che diventano manifestazione dell’amore e dell’attaccamento dei sardi alla propria terra e alle proprie
origini.
La Sardegna ha ancora oggi un’economia basata prevalentemente sul settore primario, all’interno del quale
la pastorizia ricopre il ruolo principale. Questo tipo di economia ha, in un certo senso, cristallizzato gli usi e
le tradizioni legate alla gastronomia dell’isola: odori e sapori della cucina sarda non devono oggi essere così
distanti da quelli di una volta. Una cucina che, sebbene fedele alle tradizioni culinarie del luogo, vanta una
grandissima varietà; ciascun luogo della Sardegna è caratterizzato da piatti tipici, che si diversificano da un
luogo all’altro sia per sapori e ingredienti sia per le abitudini di consumo.
Così sulla tavola delle famiglie sarde troviamo piatti facili da trasportare e conservare, legati al mondo
pastorale e contadino. I piatti della cucina sarda sono preparati con l’utilizzo di ingredienti genuini, prodotti
del mondo rurale, stagionali, che conservano sapori decisi, forti e succulenti. Non bisogna d’altronde
dimenticare che questa terra è favorita da un mite clima mediterraneo ideale per produrre materie prime
uniche e naturali. Una cucina che è riuscita, nel corso dei secoli, a mantenere ben definite e intatte le
proprie caratteristiche, grazie anche al suo essere isola e isolata geograficamente. Ancor oggi continua a
preservare intatte conoscenze alimentari preistoriche, arricchite e rielaborate dalle conoscenze dei popoli
dominatori: Fenici, Punici, Romani, Genovesi, Pisani, Catalani, Spagnoli e Piemontesi.
La cucina sarda è infatti una cucina molto particolare che affonda le sue radici nell'antichità e che, nonostante sia piuttosto isolata rispetto all'Italia e all'Europa, è stata influenzata pesantemente dai popoli
che hanno attraversato questa terra anche solo di passaggio. Una testimonianza di ciò è data ad esempio
dalla gastronomia tabarkina, ossia quella dell’Isola di San Pietro, dove piatti della tradizione ligure e
africana si mescolano insieme a quella sarda per creare una cucina unica e irripetibile. Uno di questi piatti è
il cous cous, dove appunto un alimento della cultura africana, il cous cous, incontra la carne.
Pochi sono i documenti antichi che testimonino questa cultura, ma molti e diversi sono gli elementi che
rendono possibile ricostruire la sua entità culinaria, tanto da poter redigere facilmente un sapiente
ricettario. I contenuti delle sue pietanze sopravvivono grazie al radicato metodo di trasmissione orale,
tramandati per via femminile, da famiglia in famiglia.
L’esperto e docente di storia della gastronomia sarda Giovanni Fancello (Autore di numerosissime pubblicazioni, fra le quali citiamo: Sabores de Mejlogu, Sardegna a tavola, Il pesce povero, Le erbe
selvatiche, Le spezie) afferma che si tratta di una cucina ”povera” ma non per questo meno raffinata perché
la scarsità degli ingredienti, porta in genere alla realizzazione di pietanze gustose e fantasiose, perché nel
tentativo di soddisfare l’appetito si è cercato da sempre di farlo nel modo più piacevole possibile. Ma è
anche una cucina “ricca” che concretizza la sua ricchezza nelle occasioni solenni o di festa: fidanzamenti,
matrimoni, battesimi, tosatura delle pecore, raccolta del grano, festa del paese, quando mangiare è esso
stesso una festa ed i menù la rappresentano e la sottolineano.
Importante è anche la caratterizzazione della “stagionalità” e l’uso delle numerose varietà di verdure
coltivate, per realizzare le gustose zuppe e contorni, ma fondamentale è anche la raccolta delle verdure allo
stato spontaneo negli incontaminati e sterminati campi: finocchietto, borragine, bieta, cicoria e tante altre.
Piuttosto attiva è l’attività venatoria perché da sempre terra generosa e ricca di animali selvatici. Diffusa e
diversificata è la preparazione dei numerosi pani quotidiani e cerimoniali nelle diverse occasioni, che
cadenzano la vita quotidiana e le feste, perpetuando ancora antichi riti ancestrali.
Con la pasticceria si sottolineano le feste religiose o protoreligiose, perciò, numerose sono le occasioni dove
si possono valorizzare i prodotti di una società agropastorale: formaggio fresco, ricotta,
cagliata, miele, limoni, arance, mandorle, uva passa, strutto, sapa e tante altre ancora. Un’altra particolarità
è che i dolci vengono preparati per sottolineare ed aggiungere valore all’occasione della festa.
Son proprio questo contrasti a rendere la cucina sarda particolare: si avverte tanto l’apertura verso ciò che
di buono è venuto dall’esterno, tanto la fedeltà al territorio e ai suoi prodotti; inoltre bisogna tener
presente le due anime di questa terra: quella insulare, che si manifesta sulle ridenti coste; quella
agropastorale dell’interno. Una volta detto questo il viaggio può iniziare, e allora... Ajò!
Dal Mare...
Vediamo ora più approfonditamente quali sono questi alimenti caratteristici della cucina Sarda, partendo
dalla parte più turisticamente conosciuta: il mare.
Catapultiamoci sulle coste smeraldine di questa bellissima isola e immaginiamo di gustare un pranzo o una
cena tipica sarda a base di piatti di mare e dunque una cucina legata alla pesca.
Partiamo dall’antipasto.
L’insalata di polpo sarda viene servita solitamente come antipasto. L’ingrediente principale di questo è
ovviamente il polpo locale che è in genere un po’ più piccolo del normale e questo lo rende più delicato. E’
servito con patate bollite, sedano e condito con olio d’oliva, limone, aglio e prezzemolo.
Altra specialità è la bottarga, una delle più famose e saporite prelibatezze della Sardegna. La bottarga deve la sua origine sarda a Cabras, piccola cittadina situata nella costa occidentale della Sardegna. Si tratta di uova di muggine essiccate e possono essere gustate tagliate a fettine sottili come antipasto, oppure in polvere per condire la pasta preferibilmente linguine o spaghetti.
Per non parlare del “pesce a scabecciu”, specialità che consiste in pesce fritto e conservato in una salsa a base di pomodoro cipolla ed aceto, simile alla salsa agrodolce. Per questa preparazione si utilizzano principalmente pesci grassi e “poveri” come anguille, muggini, boghe, palamiti, e gattucci Consumato a freddo può essere servito come antipasto, altrimenti a caldo anche come secondo piatto.
Anche la burrida cagliaritana viene generalmente servita fredda come antipasto. L’ingrediente principale
della burrida alla cagliaritana è il gattuccio di mare o cagnetto, un piccolo pesce appartenente alla famiglia
degli squali di dimensioni ridotte. Il gattuccio viene tagliato in tranci, lessato e ricoperto con una saporita
salsina fredda a base di noci pestate, aglio e i fegatini dei gattucci stessi rosolati. La tradizione vuole che il
pesce si insaporisca immerso per un giorno intero nella salsa.
Da non dimenticare le cozze al formaggio: prodotto tipico della tradizione dell’entroterra, il pecorino sardo
fonde in modo naturale il proprio gusto con quello marino delle cozze, gratinate con un misto di pane
grattugiato, pecorino, aglio, olio e prezzemolo.
Passando ai primi piatti, invece, coloro che amano i frutti di mare andranno sicuramente matti per gli
spaghetti con i ricci di mare. Il periodo migliore per gustarlo va da novembre ad aprile, quando la stagione
dei ricci è aperta. Infatti negli altri periodi dell’anno è proibito pescare questa prelibatezza marina e inoltre
nel periodo in cui è consentito, ciascun pescatore può raccogliere solo un numero limitato di ricci, in modo
da proteggere questa specie. Il vino perfetto per accompagnare questo piatto è il Canonau di Sardegna
poiché enfatizza il gusto intenso dei ricci.
Tra le pietanze più tipiche c’è invece la fregola con i frutti di mare e lo zafferano. La fregola, che significa
mollica di pane, è una pasta tipica sarda fatta di semola e arrotolata in piccole palline poi tostate al forno.
Vi sono tantissimi modi per cucinare la fregola ma il più delizioso è sicuramente la fregola con frutti di
mare, quali arselle e gamberi serviti con del brodo allo zafferano e del pane tostato. Non tutti sanno che la
Sardegna è un importante produttore di zafferano in Italia. Questa meravigliosa e preziosa spezia di colore
rosso intenso è utilizzata infatti in molti piatti tipici sardi. E’ chiamata anche "oro rosso" della Sardegna,
poiché la raccolta dei i suoi pistilli delicati richiede molto tempo e pazienza e la polvere che si ottiene ha un
valore simile a quello dell'oro. Inoltre, il fiore di zafferano è caratterizzato da un colore lilla magnifico:
immaginate un intero campo color lilla a novembre, quando lo zafferano viene raccolto – non vi sono
parole per descrivere la bellezza di questo paesaggio.
Come secondo piatto si può deliziosamente guastare l’aragosta alla catalana un tipica pietanza di Alghero,
una città catalana che si trova nella parte nord occidentale della Sardegna. Questo prezioso crostaceo viene
pescato naturalmente nel mare locale della zona di Alghero. Dopo aver bollito l’aragosta, questa viene
servita come una sorta di insalata con pomodori freschi e cipolla. Accompagnamento perfetto, in questo
caso, potrebbe essere un vino bianco come il Vermentino di Sardegna.
...Ai monti
Ma la bellezza di quest’isola non deriva solo dal mare, purché esso sia meraviglioso. Dalle coste incantate si
passa ad un entroterra selvaggio e misterioso. Il suo entroterra, infatti, bucolico e suggestivo, è il luogo in
cui si trovano le radici profonde della Sardegna, terra fuori dal tempo e dello spazio.
I paesi sardi, oltre la popolazione antica e orgogliosa, vantano di una fortissima identità culturale, in cui
possiamo ammirare anche una succulenta tradizione culinaria.
Questa è la cucina dell’hinterland, dove, protette da una natura aspra, sopravvivono le antiche tradizioni
dei pastori. In un menu tipico si possono incontrare questi piatti: gnocchetti sardi detti malloreddus;
porceddu, ossia il maialino sardo allo spiedo; cordula, trattalia e rivea, tre specialità fatte con interiora di
agnello; favata e cavolata, zuppe a base di legumi, verdure e carne di maiale. Il pane, nelle sue molte
varianti locali, ha un posto d’onore sulle tavole sarde, e sul trono dell’arte bianca c’è il pane carasau.
La terra dei nuraghi è prima, in Europa, per produzione di pecorini. I tre formaggi DOP sono: il Fiore Sardo, il
Pecorino Sardo e il Pecorino Romano.
Tra le tante altre prelibatezze casearie della regione, troviamo il particolarissimo cagliu, che si ottiene
facendo coagulare il latte di pecora all’interno del rumine, ossia una delle cavità dello stomaco dell’agnello.
Possiamo procedere senza nominare i vini? Certo che no! Allora eccoti un elenco dei più pregiati:
Cannonau, Vermentino di Gallura, Nuragus e Moscato di Cagliari, Carignano del Sulcis, Malvasia di Bosa,
Vernaccia di Oristano, Mandrolisai Rosso. Ed ecco anche una chicca: la pompìa, un agrume endemico sardo,
a metà tra il cedro e il limone. Si usa per preparare dolci e liquori. A proposito di liquori, il più noto in
Sardegna è quello di mirto. Specialità da provare assolutamente è il gioddu con il miele, ossia latte
fermentato di pecora o di capra. La consistenza è cremosa e il sapore è acidulo. Assieme al miele è una vera
delizia!
Ed ora catapultiamoci invece in un pranzo o una cena all’interno di un nuraghe dell’hinterland, gustandone
tutta la sua tipicità e bontà.
Ma attenzione: la cucina sarda è fatta di pietanze sostanziose, pur nella loro semplicità. Quindi, mi
raccomando: a fine pasto, ricordati di prendere un digestivo. Come quale? Ma il mirto, naturalmente!
In qualsivoglia ristorante o agriturismo, la prima pietanza che vien servita a tavola, ancor prima delle
bevande, è il pane Carasau.
Prodotto da forno tipico della tradizione regionale, il pane carasau nasce in Sardegna centrale, nella storica
regione della Barbagia. Questa croccante specialità, buonissima al naturale ma perfetta anche per
preparazioni più complesse, è conosciuta in italiano anche come carta musica.
Il ciclo di lavorazione del pane carasau, detto in dialetto sa cotta, è un rito famigliare tramandato per
generazioni.
Assaporato al naturale, il pane carasau può essere facilmente accompagnato sia ad ingredienti dolci che
salati, risultando irresistibile per tutti gli amanti delle consistenze croccanti. Per un antipasto più sfizioso, le
sfoglie possono invece essere condite con poco olio e scaldate in forno, o in padella, secondo la
preparazione del tradizionale pane guttiàu (gocciolato, nel dialetto del Logudoro).
In alternativa il pane carasau si può bagnare e arrotolare con salumi e formaggi, per creare snack insoliti e
ricchi di sapore. Se cerchi un piatto più complesso da portare in tavola, puoi infine cimentarti con alcune
ricette sarde, come quella del del pane vrattau della Sardegna, che utilizza sfoglie di pane carasau bollite in
acqua per pochi istanti per formare una sorta di lasagna, con salsa di pomodoro e pecorino.
Il pane carasau è stato inserito dal ministero delle politiche agricole e forestali, tra i prodotti agro alimentari
tradizionali italiani tutelati dal marchio PAT, alla sessione paste fresche e prodotti di pasticceria e
panetteria.
Per quanto riguarda gli antipasti, tipici dei paesi a vocazione agricola, ma anche pastorale, sono i prodotti
della terra, spesso messi sott’olio o in salamoia. Impossibile non citare i carciofi, funghi, cardi e peperoni
sott’olio e i funghi arrosto. Molto apprezzate anche le olive in salamoia colate e accompagnate con aglio
tritato e un filo d’olio, oppure le classiche olive a scabecciu.
Un altro prodotto della terra molto ambito e ricercato in Sardegna è l’asparago: anche questa pianta viene
generalmente fatta sott’olio oppure saltata in padella o in forno. Anche le melanzane sono molto utilizzate:
melanzane alla sarda (con pomodoro, aglio e basilico), ripiene (predingianu prenu), sott’olio, arrosto.
Alcuni antipasti sardi di terra possono fungere anche da pasto completo: ad esempio carciofi e patate o le
fave secche lessate oppure zucchine e pomodori ripieni. Stesso discorso per le panade di verdure, delle
torte salate tipiche del Campidano di Cagliari: con carciofi, con funghi, con piselli, possono essere
tranquillamente un piatto unico, dipende dalle dimensioni della porzione!
Così nascono dei taglieri (gli originali prodotti con sughero) con prodotti della terra e perché no, magari
anche con formaggi, salumi del posto e della salsiccia secca sarda, da poter condividere con tutta la tavolata
all’inizio del pasto.
Per gli amanti dei formaggi, la zuppa gallurese o “zuppa cuata” come viene chiamata da alcuni è il primo
piato tipico della regione della Gallura. La parola “zuppa” rimanda subito ad una consistenza liquida o
cremosa ma in realtà questo piatto non è liquido, sebbene il brodo di carne venga utilizzato per prepararla.
La consistenza potrebbe essere quella delle lasagne ed è costituita strati di pane (diversi tipi di pane
vengono utilizzati a seconda della zona geografica) condite con formaggio e brodo di pecora il tutto poi
cotto al forno.
Tra i primi piatti più rinomati ci sono sicuramente i culurgiones, dei ravioli di pasta fresca a forma di
mezzaluna, ripieni con pecorino sardo grattugiato, patate e menta fresca. Si possono trovare culurgiones
anche con altre farciture, che, come per tante specialità regionali, variano da paese a paese. Per
confezionare i culurgiones ci vuole una buona manualità, in quanto devono risultare ben ripieni e la
chiusura deve essere fatta pizzicando la pasta con la punta delle dita in modo da formare una “cicatrice a
forma di spiga”.
Più comunemente conosciuti come gnocchetti sardi con ragù di salsiccia, i malloreddus alla campidanese
sono tra i primi piatti sardi più popolari ed apprezzati della cucina regionale. I malloreddus sono un tipo di
pasta fresca a forma di piccola conchiglia dalla lunghezza che non supera i 2 cm, che si sposano
perfettamente con sughi a base di carne macinate come il sugo alla campidanese, un saporitissimo sugo a
base di salsiccia, pomodoro e zafferano.
Ma per me il vero re dell’arte culinaria sarda è il maialino allo spiedo, detto anche porceddu o porcheddu, il
secondo piatto per eccellenza della cucina tradizionale sarda. L’ingrediente principale è il maialino da latte,
che per tradizione non deve pesare più di 6 chili. Si tratta di una ricetta tipicamente primaverile e molto
diffusa nei menù delle festività pasquali, insieme all’immancabile agnello.
L’origine del piatto va ricercata nella gastronomia spagnola, soprattutto quella della Castiglia, dove il maialino è in genere cotto al forno, accompagnato da carote e cipolle. La cottura del maialino sardo, più spartana, prevede invece una lenta rosolatura allo spiedo, senza ingredienti aggiuntivi fatta eccezione per il sale e la giusta legna per fuoco. In alcune aree di montagna esistono tuttavia delle varianti più golose, che aggiungono il lardo alla cotenna e utilizzano il metodo “a carraxu”, ossia la cottura in una buca scavata a terra. Questo particolare stratagemma è stato inventato nel passato dai pastori, che lo utilizzavano per impedire che qualcuno sbirciasse i loro banchetti. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il maialino allo spiedo è diventato un piatto diffuso nella cucina sarda solo in tempi recenti. Fino a 50 anni fa infatti, il porceddu era un piatto che solo pochi, e in poche occasioni, potevano concedersi. La ragione è semplice: il maiale è sempre stato un animale prezioso e fonte di ogni ben di Dio (salsicce, sanguinaccio, salumi vari...), privarsi della possibilità di farlo crescere era quindi un lusso raro, riservato giusto agli allevatori più importanti e benestanti.
Fino alla metà del 1900 inoltre, la macellazione del maialino era accompagnata da una particolare
cerimonia, oggi caduta in disuso. Il sangue dell’animale veniva conservato e, una volta bruciate le setole,
era spalmato sulla pelle prima della cottura.
Insomma, non puoi andar via da questa terra senza aver assaporato un gustosissimo porceddu!
L’agnello con i carciofi è un secondo piatto tradizionale sardo, cucinato di solito nel periodo della Pasqua. E’
abbastanza facile trovale della carne d’agnello fresca in Sardegna come anche carciofi freschi e per questo
la freschezza dei prodotti è garantita. La deliziosa carne d’agnello insieme ai carciofi acquisisce un sapore
molto ricco. In primo luogo la carne deve essere rosolata e fatta cuocere per circa un’ora per poi
aggiungervi i carciofi. Consiglio di gustare questo piatto accompagnato con della Vernaccia sarda.
Ma in quel selvaggio e misterioso entroterra si nasconde anche un tenero cuore dolce: la cucina sarda
infatti è ricca di dolci tipici!
Le seadas, sono il dolce più conosciuto della cucina. Questi fagottini di semola ripieni di formaggio e miele
sono una vera delizia. Imitate e apprezzate anche fuori confini regionali, le seadas sono perfette per
concludere in bellezza ogni pasto. Esistono diverse varianti della ricetta, ma si differenziano soprattutto per
la cottura del formaggio.
Dolce tradizionale del Carnevale in Sardegna, le zippulas (o tzìppulas) sono morbidissime zeppole fritte, la
preparazione perfetta per fare il pieno di allegria e sapore. Realizzate in forme diverse (ciambelline, fili o
palline di pasta), le zippulas vantano tantissime interpretazioni, e sono generalmente consumate glassate o
ricoperte di zucchero.
Le zeppole sono dolci popolari e diffusi, con diverse varianti, in molte regioni dell’Italia centrale e
meridionale. In Campania, Sicilia, Lazio, ad esempio, le zeppole sono generalmente legate alla festività di
San Giuseppe, e differenti nella preparazione, nel sapore e nell’aspetto. In Sardegna invece, come anche
nelle Marche e in Umbria, le zeppole sono invece indissolubilmente legate al carnevale, la festa della gioia e
del divertimento per antonomasia, da salutare e celebrare con tutta la dolcezza del mondo.
Zippulas sarde, dolcezza e buonumore. Generalmente, gli ingredienti base sono farina, lievito e acqua, che
vengono accostati a latte, limone, arancio, uova, patate e zafferano in base alle consuetudini locali.
Perfette a Carnevale, ma deliziose in ogni periodo dell’anno, le zippulas conquisteranno grandi e piccini.
Porta in tavola questa prelibatezza sarda seguendo tutte le dritte indicate nella ricetta!
I gueffus, invece, sono dei dolcetti tipici a base di farina di mandorle, zucchero e buccia di limone. Si
presentano a forma di palline che vengono confezionate a modi caramelle con pezzettini di carta
frastagliata. Le mandorle si riducono in farina, alla quale si aggiunge pari peso di zucchero, poca acqua e si
insaporisce con buccia di limone grattugiata, o acqua di fiori di arancia e qualche goccia di grappa. Questi
ingredienti si lavorano fino ad ottenere un’impasto compatto e sodo. Si formano le palline, si passano nello
zucchero a velo e si avvolgono in quadretti di carta colorata.
Vegani, senza glutine e facili da preparare, i gueffes sono ottimi da gustare a fine pasto o come biscotto
accompagnando il tè o il caffè. Vediamo la ricetta e come prepararli secondo la tradizione sarda.
Gli acciuleddi sono delle tipiche treccine dolci che venivano fatte dalle nonne, dalle zie e dalle massaie
sarde in generale, durante i giorni a ridosso del Carnevale. Ma la ricetta è talmente buona che ci chiediamo
perché bisogna per forza aspettare questi giorni? Be' in effetti trattandosi di fritto non la si può mangiare
sempre, ma possiamo dire che ogni tanto un piccolo strappo alla regola ci sta tutto!
Il torrone sardo è un delizioso panetto a base di miele, albume d’uovo, scorza di limone e mandorle o noci
tostate. La sua etimologia deriva dal latino “torrere”, che significa “tostare”. Elemento caratterizzante del
torrone sardo, rispetto a quello degli altri centri italiani, è il miele nelle sue tante qualità (millefiori, di
corbezzolo o eucalipto).
“forredda”.
I mostaccioli di Oristano o mustazzolus sono dei biscotti sardi a forma romboidale molto facili da realizzare
anche se hanno una lenta lievitazione, ma sono decisamente favolosi!
Infine, tradizione vuole che durante il periodo pasquale è uso, in Sardegna, offrire agli ospiti dei dolci
particolari: soffici dischi di pasta farciti, preparati con un impasto di farina, acqua e sale e cotti al forno;
sono le Pardulas (così chiamate specificatamente in sardo salcitano). In altri dialetti questa ricetta tipica
prende nomi diversi e se nel nuorese vengono chiamate casadinas, sono invece le formaggelle nel sassarese
e lugodorese. Queste piccole tortine si presentano in due varianti tipiche. La prima, più delicata, prevede un
ripieno di ricotta, l’altra, con un gusto più deciso, è invece ripiena di formaggio fresco. Come per tutte le
ricette tipiche esistono naturalmente numerose altre versioni che dipendono dalle varie zone di
produzione. Si possono così incontrare dolci, salate, all’aroma di arancia o di limone e anche con l’uvetta.
Credo che dopo aver gustato tutte queste prelibatezze non basti un digestivo, neanche l’intera bottiglia di
mirto riuscirebbe a far digerire queste bontà uniche, con prodotti salutari e genuini, ma allo stesso tempo
veramente sazianti!
Per concludere questo meraviglioso viaggio nell’isola che non c’è, userei questa fantastica citazione: "Eh, chi non m’as postu frucchitta!"
come disse una volta la prozia di qualcuno, rimproverata durante un pranzo domenicale a base di tipica cucina sarda a Cagliari per il fatto di non toccare cibo, “ma se non mi avete messo la forchetta!!!!”. Se ti siedi a tavola in Sardegna, mangiare è imperativo!
Mangiare, appunto in Sardegna, è sinonimo di famiglia e tradizione, un po’ come nel resto dell’Italia
centrale e del Sud, un motivo per stare assieme ai propri cari, per ridere e raccontarsi le ultime novità, certe
volte pure un motivo per un sano battibecco come da vera tradizione italiana.
Durante il nostro viaggio abbiam toccato con l’immaginazione le coste e le montagne sarde, gustandone
tutte le prelibatezze, dal carasau al porceddu, dalle seadas al mirto... siamo andati in Sardegna, ma allo
stesso tempo le nostre papille gustative di sono catapultate in Africa, Spagna e persino nell’Antica Roma,
Cartagine e nella Magna Grecia... un viaggio nello spazio e nel tempo, all’insegna di una scoperta della
nostra “Atlantide” (come a me piace chiamare questa terra).
Ma non c’è cosa che più mi affascina dell’attaccamento dei sardi alla propria terra e alle tradizioni! I sardi
sono ancor più patriottici e “regionalisti” di quanto i francesi siano nazionalisti... ma non c’è nulla di più
emozionante che veder un uomo piangere nel momento in cui deve lasciare la sua terra... e sono dell’idea
che ognuno di noi abbia un posto in cui si senta a casa, che non dev’essere necessariamente il proprio
luogo d’origine.
E dopo questo viaggio tra questa serie di prelibatezze, a parer mio dall’identità (oltre che dalla bontà) unica,
posso proprio dire: Eh già non sono nata in Sardegna, ma sono Sarda dentro!
Pascariello Margherita
BIBLIOGRAFIA
-“Manuale di Gastrosofia - approccio multidisciplinare alla felicità alimentare” di Alex Revelli Sorini e
Susanna Cutini. Ali&no editrice, Perugia, 2019
-“Sabores de Mejlogu” di Giovanni Fancello -“Sardegna a tavola” di Giovanni Fancello
Sitografia
https://reportergourmet.com/132300/sardegna-ecco-i-magnifici-7-i-nuovi-prodotti-tipici-sardi.html
https://reportergourmet.com/5227/la-cucina-sarda-contemporanea-di-roberto-serra.html
https://www.sardiniaunlimited.com/i-10-migliori-piatti-sardi
https://www.sardegnachiama.it/2017/05/17/cucina-sarda-origini-storia-e-curiosita-sulla-gastronomia-
della-sardegna/
https://www.ricettegourmet.com/piatti-tipici-italiani/piatti-tipici-sardi/
Comments