articolo a cura di Sara Gaudio
Dott.ssa in Scienze dell'alimentazione e gastronomia
La triste realtà dei fatti è che oggi il termine “dieta” non riesce a dissociarsi da una connotazione
assolutamente negativa, risultato di una miriade di informazioni, spesso inesatte e di un approccio
scorretto. Ogni volta che si decide di intraprendere una dieta, arrivano le affermazioni tanto note
quali " inizio lunedì" oppure " dopo le feste", come se seguire una dieta fosse una punizione e
soprattutto una rinuncia ai piaceri della tavola. L’unico obiettivo di una persona che si mette a dieta
sembrerebbe essere esclusivamente quello di dimagrire nel minor tempo possibile!. “Privazione”,
“sacrificio”, “rinuncia”, “senso di colpa”, “riduzione dei carboidrati”; è proprio in questi termini che
possiamo racchiudere il modo di vivere una dieta per la maggior parte delle persone.
Per analizzare il tema della dieta facciamo un passo indietro; partiamo proprio dal termine “dieta” e dalla sua concezione nel mondo antico. Esistono due etimologie: una è da ricondursi al greco “δίαιτα” (diaita) = abitudine, modo di vivere, l’altra al latino “diaeta” intesa come giorno, spazio di una giornata. In entrambi i casi, sia per la cultura greca che per quella latina, la dieta veniva intesa e vissuta come uno stile di vita, in cui il cibo era parte integrante ma non la sola componente. Nella concezione antica, la dieta comprendeva, oltre l’aspetto alimentare, altri fattori che incidono positivamente sullo stato di salute: un adeguato riposo, un corretto e costante esercizio fisico, il rapporto con l’aria aperta, il controllo del respiro, la vita sociale fino a comprendere l’attività sessuale. Il termine “dieta” assume quindi una connotazione diversa, che non sembrerebbe necessariamente privativa o negativa ma equivarrebbe ad uno stile di vita che ha per obiettivo
finale il benessere psicofisico della persona.
Durante il lavoro di tesi di laurea triennale, ho creato un questionario intitolato “come vivo la dieta” è stato strutturato prendendo in esame un campione di 100 persone di età adulta (18-55 anni) e i risultati maggiormente influenti sono stati i seguenti:
Il termine “dieta” viene associato nel 60% dei casi, ad una concezione negativa e privativa.
Nella quasi totalità dei casi (90%), le persone, in seguito ad una dieta, hanno ripreso i chili persi.
Alla domanda “ti è mai capitato di aver provato un senso di colpa dopo aver gustato un pasto? L’ 81% delle persone ha risposto “SI”.
Ultima ma fondamentale domanda “secondo te, in una dieta cosa viene messo in primo piano?”. Il 79,2% delle persone sostiene che il vero protagonista di una dieta sia l'alimentazione.
Tra i motivi di fallimento di una dieta, diversi studi hanno evidenziato una scarsa considerazione dei gusti personali dell’individuo, che si sentirà costretto a consumare piatti poco graditi, spesso preparati con ingredienti difficili da trovare o eccessivamente costosi. Dai risultati ottenuti dal test è emerso inoltre come il piacere venga vissuto come un nemico e non come un alleato; inserire il piacere all'interno di una dieta, creare dei pasti sani e buoni dovrebbe essere uno degli obiettivi della dietetica moderna. Il distacco tra dietetica e gastronomia, avvenuto tra Settecento e Ottocento, la tendenza all’allontanamento e/o controllo del piacere e dell’aspetto sensoriale analizzate dal Professor Nardone, portano alla luce un mancato approccio multidisciplinare.
Spesso, in ambito di nutrizione si sente parlare di “capi cuciti su misura” ed è proprio con questa
dicitura che ci si riferisce alla personalizzazione delle diete che dovrebbero essere create in modo
tale da soddisfare tutte le esigenze della persona, rispettandone gusti, possibilità economiche,
fattori culturali e religiosi che spesso non vengono adeguatamente presi in considerazione. Una modifica delle abitudini alimentari comporta una riprogrammazione e riorganizzazione nella scelta
dei cibi, nella pianificazione della spesa e nell’utilizzo di tecniche di cottura adeguate. Spesso però il passaggio da uno stile di vita poco sano ad uno più salutare avviene in modo rapido e categorico. Modificare lo stile di vita e il regime alimentare di una persona che ha impiegato anni a consolidare determinate abitudini potrebbe risultare difficoltoso; pertanto durante tutto il percorso, si dovrebbe agire attraverso una collaborazione tra professionisti (nutrizionista, personal trainer, diet coach, psicologo...) per consentire alla persona di essere sostenuta da tutti i punti di vista. Sarebbe importante effettuare un lento, costante ma graduale cambiamento in modo tale da permettere al paziente di apprendere le corrette abitudini e soprattutto di poterle applicare autonomamente in futuro.
In conclusione per intraprendere un percorso di dieta verso uno stile di vita sano, si dovrebbe agire attraverso una coesione tra le discipline che riguardano la salute della persona, dall'alimentazione, all'esercizio fisico, all'aspetto psicologico. Il vero obiettivo di un percorso dietetico, a discapito della credenza comune, non dovrebbe essere esclusivamente l'alimentazione o il dimagrimento, bensì il raggiungimento di uno stato di benessere psicofisico attraverso una riprogrammazione delle nostre abitudini.
Sara Gaudio
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA
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- https://marcolatorre.net/7-motivi-per-cui-le-diete-falliscono/
- https://www.milano-psicologa.it/motivi-diete-fallimentari/
- http://www.salute.gov.it/portale/home.html
- http://www.slowfood.it/
- https://www.taccuinistorici.it/
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