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Immagine del redattoreErika Arena

ITALIAN SOUNDING, MADE IN ITALY A RISCHIO

Articolo a cura di Daniele Tatone

Laureando in Scienze dell'Alimentazione e Gastronomia


L’Italia, grazie alle sue caratteristiche, ha permesso la nascita di molte aziende agroalimentari, che

hanno reso celebre il “Made in Italy”. Molte di queste aziende hanno difficoltà nel mercato internazionale a causa di un fenomeno denominato “Italian Sounding”. Con “Italian sounding”, letteralmente “Suonare italiano” si indica l’imitazione di un prodotto attraverso il richiamo ad una presunta italianità, che in realtà non ha nulla a che fare con l’autentico prodotto italiano.

Tale contraffazione non è legalmente perseguibile. L’Italian Sounding nacque alla fine del XIX secolo, periodo in cui molti italiani emigrarono in cerca di una vita migliore. Da allora la cultura culinaria italiana è molto apprezzata, ma l’impossibilità di soddisfare pienamente la domanda dei prodotti Made in Italy ha alimentato la diffusione di molti produttori non italiani, che servendosi di nomi, immagini, colori che evocano l’Italia, inducono il consumatore ad associare erroneamente


l'imitazione ad un prodotto autentico. Cosi i consumatori stranieri sono spesso indotti ad acquistare

prodotti falsi al posto degli originali. Tra i casi più noti vi sono Il Parmesan, il Chianti, la Zottarella

e le conserve di pomodoro.


Il “Made in Italy” nel Regno Unito

Il Regno Unito rappresenta uno dei principali mercati per i prodotti food ‘made in Italy’. Si colloca in Europa al terzo e a livello mondiale al quarto posto. Il nostro vino si conferma leader fra i prodotti made in Italy più apprezzati nel Regno Unito. Nonostante le continue contraffazioni legate all’ormai noto “Italian Sounding”, l’export di prodotti agroalimentari italiani nel Regno Unito è in continua crescita. Si teme che una Brexit senza accordo definito possa mettere a repentaglio i prodotti Dop e Igp italiani, comportando conseguenze pesantissime soprattutto per le economie di regioni come Campania, Veneto e Basilicata, per le quali l’export verso il Regno Unito arriva a pesare fino al 15% sull’export agroalimentare regionale.


Il timore riguarda l’eventuale affermazione in Gran Bretagna di una legislazione sfavorevole ai nostri prodotti, in particolare a quelli Dop e Igp. Tra vini e prodotti alimentari DOP finisce in Gran Bretagna quasi un terzo dell’intero valore delle esportazioni italiane di food&beverage.

In merito alla Brexit, la chiusura dell’accordo ha mantenuto le nostre imprese in suspence per la minaccia di possibili dazi. Dazi che fortunatamente sono stati scongiurati. La preoccupazione, è che la Gran Bretagna diventi come gli Stati Uniti, un mercato in cui il prodotto italiano ha forti criticità.

È auspicabile che si aggiunga una sorta di accordo bilaterale commerciale come si è avuto tra Ue e Canada in cui sono state riconosciute e tutelate 150 indicazioni di origine europee di cui 39 italiane, un accordo a tutela proprio delle Dop e delle IGP.


Combattere l’Italian Sounding

Come contrastare l’Italian Sounding? Portando la cultura alimentare italiana all’estero per raccontare la storia del nostro patrimonio enogastronomico unico al mondo.

È questo l’obiettivo del progetto True Italian Taste o dell’iniziativa nata da una collaborazione tra la Direzione generale lotta alla contraffazione del Mise e Federalimentare, in virtù della quale, negli anni scorsi, sono stati organizzati eventi in Canada e Russia, con seminari e masterclass per educare i consumatori locali. Inoltre si possono stipulare accordi commerciali, che sono una soluzione imperfetta, come si è visto con la polemica divampata sul trattato di libero scambio tra Unione europea e Canada (Ceta). Molti imprenditori lo hanno accolto con entusiasmo, altri come Coldiretti, invece ne hanno evidenziato i gravi limiti. «Gli accordi bilaterali che sta stipulando l’Ue per la prima volta mettono in dubbio la proprietà intellettuale delle nostre produzioni, e lo fanno accettando, come nel caso del

Ceta, che alcuni nostri nomi geografici possano essere utilizzati anche da produttori stranieri». «C’è

chi dice che questo sia un grande passo in avanti, che prima in quei Paesi non potevamo esportare se non con nomi diversi, perché quelli originali erano già stati registrati da produttori locali, ma così si creano precedenti deleteri che potrebbero essere disastrosi per le produzioni nazionali».


IL PARMESAN

Il Parmesan è la traduzione inglese di Parmigiano Reggiano. Negli Stati Uniti un formaggio Parmesan potrebbe essere un autentico Parmigiano Reggiano, ma più facilmente si tratterà un'imitazione. La maggior parte delle versioni americane hanno una stagionatura di circa 10 mesi.

Allo stesso modo viene prodotto anche in Argentina e in Australia, ma nessuno lo compara al più importante Parmigiano Reggiano d'Italia, caratterizzato da una consistenza granulosa che si scioglie in bocca. I Parmesan negli altri paesi hanno una normativa poco rigorosa.

Il Parmigiano Reggiano è un formaggio secco a pasta dura, prodotto dal latte di mucca scremato o parzialmente scremato ed è caratterizzato da crosta dura di colore giallo dorato con interno paglierino dal sapore ricco e armonioso. I Parmigiani Reggiani sono stagionati minimo due anni, ma possono arrivare anche a quattro anni ed oltre. La lunga stagionatura porta al gusto complesso e alla tipica consistenza granulosa. Le parole Parmigiano Reggiano stampate sulla crosta significano che il formaggio è stato prodotto nelle zone di Bologna, Mantova, Modena o Parma (dalle quali il nome del formaggio acquisì la sua origine). I Parmesan sono prima di tutto utilizzati da grattugiare e in Italia sono definiti "grana", che significa "grano", riferendosi alla consistenza granulosa.

Molti di questi formaggi sono deliziosi a pieno titolo. Un esempio è il formaggio Grana Padano. Il nome Parmigiano è utilizzato in alcune parti dell'Italia per i formaggi grana che non incontrano una designazione protetta di prescrizioni d'origini per il Parmigiano Reggiano, come per esempio delineare specifiche aree di produzione, l’alimentazione bovina e la lunga stagionatura. Secondo la legge italiana, ogni formaggio prodotto in queste province dovrebbe esser etichettato Parmigiano Reggiano. La legge europea classifica il nome, così come la traduzione "Parmesan", come una designazione protetta d'origine. Pertanto, nell'Unione Europea, secondo le normative D.O.C, il Parmesan e il Parmigiano Reggiano sono lo stesso formaggio.


Il danno alla nostra economia causato dalle contraffazioni è stimato oltre i 100 miliardi di euro a seguito di un’indagine condotta da Coldiretti e Filiera Italia. Oltre al classico caso d’Italian Sounding nel nuovo millennio si è intensificato il fenomeno di acquisizione di aziende agroalimentari italiane da parte di società estere, spesso francesi, svizzere, spagnole e statunitensi. In questo modo il marchio continua ad essere associato dal consumatore all’azienda italiana che ha creato il prodotto. Tuttavia, il marchio Made in Italy di fatto perde di sostanza e qualità in conseguenza delle materie prime non locali utilizzate.


L’acquisto di prodotti non autentici non è sempre indotto dal risparmio economico, poiché in alcuni paesi come Francia e Svizzera le imitazioni sono addirittura più costose dell’originali, l’imitazione viene preferita proprio perché non si conoscono a fondo i prodotti. Per contrastare l’Italian Sounding si punta quindi all’informazione attraverso seminari e corsi volti a promuovere l’educazione del consumatore. Un ruolo molto importante è giocato dagli accordidi tutela stipulati da vari marchi italiani e catene di distribuzione estere, come l’accordo stretto tra Parmigiano Reggiano e l’azienda statunitense Whole foods Markets, che si impegna adaumentare i volumi del formaggio DOP nella propria catena e a sensibilizzare il consumatore.


Daniele Tatone


Sitografia:

www.today.it

www.bell-italia.com

www.greatitalianfoodtrade.it

www.winenews.it

www.senato.it

wwwruminantia.it

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