articolo a cura di Andrea Bronzini
Laureando in Scienze dell'Alimentazione e Gastronomia
Se apriamo il frigorifero di qualsiasi persona, sicuramente uno degli ingredienti che non manca è il burro. Si tratta di uno degli alimenti di base della cucina, prodotto fin dal medioevo ed utilizzato anche ai giorni nostri.
Il burro è un derivato del latte ricavato dalla panna o crema che affiora dal latte mediante procedimento di sbattimento nella “zangola”, dal quale il prodotto reso solido viene impastato mentre il restante è eliminato con acqua fredda.
Il burro ha assunto di volta in volta valori mitici, sociali, religiosi, filosofici, gastronomici,
scientifici e nutrizionali. Questo perchè il rapporto che l’uomo ha con gli alimenti non è sempre stato lo stesso; la scelta degli alimenti, e di conseguenza anche il loro valore, dipendeva anche dal soddisfacimento delle esigenze psicologiche, facendo riferimento a motivi culturali frutto dell’influenza spirituale e religiosa, poi tradotti in regole o in rituali. In quest’ambito, per gli storici e gli antropologi, assumono una particolare importanza le sostanze grasse, e tra queste il burro.
Questo prodotto è divenuto una componente irrinunciabile di molti sistemi alimentari, definendone caratteri, specificità ed identità, tanto da poter essere considerato un condimento di lusso e grasso d’élite e inquadrato tra i marcatori culinari.
Secondo Galeno, un medico greco e filosofo (vissuto tra il 130 ed il 200 circa), l’etimologia deriverebbe da turos (cacio o formaggio) e bous (bue).
Se quindi il burro, si ritiene composto dalle parole βούς (bus) e τυρός (tyros), e se la parola βούς (bus) significa bovino, τυρός significa perforare, con riferimento agli strumenti, e soprattutto ai colini con buchi che si usavano nell’arte casearia.
Nell’antica Grecia i formaggi erano quasi esclusivamente di origine ovina o caprina, e solo per la produzione del burro si ricorreva al latte bovino. E’ da qui che si arriva a βούς (bus) e τυρός (tyros), e quindi al termine burro.
Diverse leggende confermano le sue origini remote e la collocazione geografica incerta; tra di esse, la più conosciuta racconta la sua casuale formazione (come lo yogurt), narrando la storia di un mercante che durante un lungo viaggio, portò con sé acqua e alcuni alimenti, tra cui il latte. Per il trasporto si servì di stomaci essiccati di pecora che rappresentavano, a quel tempo, i più leggeri, sicuri e migliori contenitori per il trasporto e la conservazione di liquidi e fra questi il latte, raccolto da alcune pecore. Il movimento del
viaggio, il caldo e gli enzimi rimasti sulla parete dello stomaco della pecora avrebbero acidificato il latte e coagulato le proteine presenti al suo interno. Non volendola buttare, il cammelliere decise di assaggiarla e scoprì che era buona e gli aveva tolto la fame.
Sarebbe nato così quello che noi oggi chiamiamo burro.
C’è chi indica gli antichi ebrei come i primi ad aver sviluppato l’arte della produzione del burro per le sue caratteristiche puramente alimentari e nutritive, basandosi sull’Antico Testamento in cui è più volte citato. Nella Bibbia, si afferma che il Signore distribuì agli uomini “burro di vacche e latte di pecore”.
Un’altra fonte dell’origine del burro fa riferimento all’epoca sumerica risalente al 2.500 a.C. e ad una immagine conservata nel museo di Baghdad, si tratta della più antica traccia “scritta” riguardante la produzione del burro, ovvero una placca di calcare sulla quale è impressa una scena di mungitura delle vacche e la produzione del burro tramite l’utilizzo di una primitiva “zangola”, che non è altro che una grande giara contenente del latte che si fa rotolare a destra e sinistra.
Il burro, lo incontriamo anche presso gli Egizi, le testimonianze sono conservate nel museo archeologico di Berlino, anche se non è chiara l’interpretazione delle giare di forma cilindrica ritrovate nelle tombe della Iˆ Dinastia ad Abido (1650 a. C.) che contenevano residui di latte, presumibilmente di burro.
Dopo la caduta dell’Impero, nel Basso Medioevo (tra l’anno 1000 e il 1492), in un sistema “barbaro” basato sullo sfruttamento delle risorse naturali anziché sull’attività agricola, sulla caccia anziché sull’allevamento, sulla civiltà del latte contro quella del vino, il burro sfidò l’olio, diventando una risorsa popolare.
Considerato quindi, un nutrimento molto umile, consumato in prevalenza solo dai contadini e dai ceti sociali meno benestanti.
Nel Medioevo l’Europa subisce una divisione in due grandi aree di cultura alimentare.
Nell’area mediterranea domina l’olio d’oliva, mentre nell’area continentale dominano i grassi animali.
Questa divisione tra grassi vegetali ed animali comportò pregiudizi, e se il burro nei paesi nordici è ritenuto ricco di virtù terapeutiche, oltre che alleviare la fame e fornire energia, nell’Italia meridionale è considerato pericoloso e causa di terribili malattie, come la lebbra.
Il Settecento è l’età della rivoluzione industriale, periodo di importanti sviluppi nel mondo della produzione casearia; il burro continua ad invadere la cucina, soprattutto nella pasticceria, come testimonia anche il gastronomo francese Anthèlme Brillat-Savarin, autore del trattato “La Physiologie du Gout”, e che nella sua cucina usa frequentemente questo ingrediente.
Intorno al 1920 inizia l’epidemia delle malattie cardiache, attualmente la principale causa di morte nel mondo. Verso la fine degli anni 50', l’Anti-Coronary Club e Jollif-fe Norman Direttore del Nutrition
Bureau of the New York Health De- partement ed altri ricercatori, fra i quali Ancel Keys (1904-2004), per il notevole aumento della patologia aterosclerotica cardiovascolare, sorgono l’ipotesi che i grassi saturi ed il colesterolo dei cibi animali innalzano il colesterolo nel sangue.
Inizia così una ricerca in cui la margarina sostituisce il burro e i grassi saturi animali. Ancel Keys, illustre biologo, fisiologo ed epidemiologo americano, è stato il primo ad esaminare in popolazione diverse, la relazione tra stile di vita, dieta e tasso di infarto cardiaco ed ictus.
Il suo studio epidemiologico ha fornito, dopo alcuni anni, dei dati dai quali sembrava esserci una correlazione diretta ed evidente tra consumo di grassi animali, in particolare grassi saturi (SFA), e prevalenza di malattie cardiovascolari (CVD) aterosclerotiche.
Negli ultimi 50 anni, dai numerosi studi epidemiologici, metabolici e clinici, effettuati da diversi team, come ad esempio viene riportato da SelfNutrionData, il burro, essendo un puro grasso è molto ricco di grassi saturi (gli acidi grassi contenuti sono per il 63% saturi). Ma questo non dovette preoccupare l’umanità perché ulteriori studi approfonditi riportati da The American Journal of Clinical Nutrition ci dicono che i grassi saturi in realtà migliorano il profilo lipidico.
• Aumentano i livelli di HDL (colesterolo buono), che è associata a una diminuzione delle malattie cardiache.
• Trasformano le particelle di LDL da piccole e dense (maligne) in grandi e morbide (benigne).
Attribuire la colpa di una malattia moderna ad alimenti che consumiamo da sempre non ha avuto alcun senso.
La verità è stata dimostrata da approfonditi e numerosi studi, arrivando alla conclusione che i cibi naturali come il burro non hanno niente a che fare con le malattie cardiache e non sono i grassi a giocare un ruolo importate nell'insorgenza delle malattie cardiache, bensì i carboidrati, zuccheri e dolcificanti.
Questi studi inoltre ci hanno fornito molteplici proprietà riguardanti il burro che oltre alle caratteristiche tipicamente nutrizionali (apporto di energia, proteine, vitamine e sali minerali, ecc.), possiede anche caratteristiche che vanno oltre la nutrizione (alimenti nutraceutici) con attività di tipo nervoso, ormonale, immunitario, ecc. che, nel loro insieme sono dette attività extra-nutrizionali e anche extra-energetiche ed in particolare svolgono azione antinfettiva, attività psicodietetiche, attività anticancerogene, attività ormonali.
La vitamina K è uno dei nutrienti più importanti per la salute del cuore.
Si trova nei prodotti di origine animale ed aiuta ad eliminare il calcio dalle arterie. Uno dei problemi legati al calcio è il fatto che tende a percolare dalle ossa, causando osteoporosi, e a finire nelle arterie, causando infarto. Migliorando il tuo apporto di vitamina K2 puoi in parte prevenire questo processo. Diversi
studi hanno ampiamente dimostrato che la vitamina K2 riduce i rischi di osteoporosi e infarto.
In uno studio di Rotterdam, che ha esaminato gli effetti della vitamina K2 sulle malattie cardiache, è stato evidenziato che le persone che ne introducevano di più, avevano una riduzione dei rischi di morte per problemi cardiaci del 57% e una riduzione del 26% dei rischi di morte per qualsiasi causa.
Negli ultimi decenni si pensava che l’infarto fosse causato principalmente dal colesterolo alto. Ulteriori ricerche moderne, invece, hanno dimostrato che ci sono una tonnellata di altri fattori in gioco. Uno dei principali è l’infiammazione, che ora si ritiene uno degli elementi di punta nelle malattie cardiache. Naturalmente l’infiammazione è anche un processo positivo, che protegge il corpo da attacchi e infezioni. Ma quando è troppa o è rivolta contro i tessuti del corpo, può fare più male che bene.
Uno dei nutrienti capaci di combattere l’infiammazione è il butirrato, grasso antinfiammatorio presente nel burro.
La rivalutazione non solo nutrizionale, ma anche salutistica del burro, non deve suscitare stupore, in quanto il burro è un derivante del latte, ossia un prodotto della natura di eccezionale importanza che da oltre milioni di anni è il solo e adatto a nutrire i mammiferi nel primo stadio di vita, dove l’uomo ne fa parte.
Andrea Bronzini
Fonti:
Renzo Pellati, Conoscere e gustare il BURRO, Daniela Piazza editore
Il Sole 24 Ore, 10 maggio 2015, Donata Marrazzo
Vanity Fair, 11 marzo 2016, Alice Rosati
Nicola Zingarelli, Vocabolario della lingua italiana, Zanichelli
Massimo Montanari, Gusti del Medioevo, Editori Laterza
https://www.parcevalasnotizie.wordpress.com
https://www.af1.it
https://iwww.taliaatavola.net
https://www.7per24.it
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