Articolo a cura di Lino Fucci
Laureando in Scienze dell'Alimentazione e Gastronomia
Le tipicità sono molte, dalla classica sfogliatella alla famosa pastiera, dai piccoli mostaccioli ai più variegati torroni. Questi dolci vengono consumati in famiglia dopo i ricchi pasti delle feste, ma vengono anche preparati per essere donati ad amici e parenti con gli scambi di auguri.
Non c’è pranzo o cena, in un giorno di festa che non termini con un dolce, che sia alto o basso,
lievitato o non, fritto o cotto al forno, questi dolci campani tipici delle festività, di tradizione
conventuale o di origine artigianale, regalano momenti di gioia e di convivialità.
Queste preparazioni sono il risultato delle usanze dei popoli che si sono susseguiti nei secoli in
questa regione: greci, latini, arabi, normanni, spagnoli, austriaci e francesi.
Alcuni di questi, come la pastiera napoletana, sono composti da ingredienti ricchi di simbolismi
sacrali: le uova, simbolo di rinascita, la ricotta, simbolo di fertilità e il grano, simbolo di ricchezza.
Questo dolce oltre al potere simbolico era soprattutto un motivo di sostentamento per i conventi
dove venivano preparati sotto commissione.
Altri come il torrone di Benevento, sono dolci arricchiti di miele, ingrediente portato dagli arabi, e
la frutta secca, che simboleggia la forza della vita. Questo dolce, oltre ad essere una risorsa
economica per la zona ha anche contribuito alla notorietà di un piccolo paese di provincia, San
Marco dei Cavoti, chiamato “Paese del Torrone”, dove il torrone viene preparato secondo tradizione
e dove ogni anno si svolge la Festa del Torrone.
Bisogna però ricordare che per ogni ricetta tradizionale, vi è almeno una sua variante, al fine anche
di soddisfare i gusti di tutti e che rende ogni cittadina e ogni comune diverso, seppur appartenente
alla stessa regione.
Naturalmente ci sono anche altri dolci, prodotti però tutto l’anno, come la sfogliatella o il babà, che
hanno anche un riscontro internazionale.
La preparazione di questi dolci in famiglia, risultato della tradizione, coinvolge anche le nuove
generazioni, che potranno a loro volta tramandare queste preziose e golose ricette, continuando ad
allietare quei giorni di festa, in cui le famiglie si riuniscono in armonia attorno ad un tavolo.
DOLCI CARNEVALESCHI
Per il Carnevale, ossia il Martedì Grasso, subito prima del periodo di astinenza e digiuno della Quaresima, vengono preparati molti dolci fritti, tra cui: le chiacchiere e le zeppole. Le chiacchiere,
chiamate anche con altri nomi nelle altre regioni d’Italia, sono preparate con un impasto di farina, burro, zucchero, uova e una componente alcolica. Successivamente l’impasto viene tagliato a strisce e poi fritto (vi è anche una variante più leggera che prevede la cottura al forno). Infine, prima di servirle, vengono spolverate di zucchero a velo.
Le zeppole, omonime di quelle preparate per la festa di San Giuseppe, sono frittelle sferiche irregolari fatte di pastella di farina, acqua e lievito naturale che vengono fritte in abbondante olio e poi
infarinate nello zucchero. Vi è anche una variante salata che contiene all’interno le acciughe.
ZEPPOLE DI SAN GIUSEPPE
Il 19 marzo, in pieno tempo di Quaresima, la chiesa festeggia San Giuseppe, il padre di Cristo. Per un giorno si rompe il regime d’astinenza e si torna al piacere delle tavole imbandite. La principale espressione gastronomica della devozione popolare verso i Santi sono i dolci. A suon di dolci si vuole festeggiare San Giuseppe che è il santo delle frittelle, perché come assicura una voce di popolo, di secondo mestiere faceva il friggitore.
Il 19 marzo è anche l’occasione della festa del papà e questo dolce costituisce anche un goloso omaggio a tutti papà. Ci sono varie ipotesi sull'origine di questo dolce, riferita sia alle suore di San Gregorio Armeno sia a
quelle della Croce di Lucca, sia a quelle dello Splendore, sempre comunque a Napoli. La prima ricetta scritta risale al 1837, nel trattato di cucina napoletana di Ippolito Cavalcanti.
Gli ingredienti principali sono la farina, lo zucchero, le uova, il burro e l'olio d'oliva, la crema pasticcera, una spolverata di zucchero a velo e le amarene sciroppate per la decorazione. Nella tradizione napoletana esistono due varianti di zeppole di San Giuseppe: fritte o al forno. In entrambi i casi le zeppole hanno forma circolare con un foro centrale dal diametro di 2 cm circa e sono guarnite ricoprendole di crema pasticciera e guarnite amarene sciroppate.
PASTIERA NAPOLETANA
Famosa in tutto il mondo, si racconta che sia nata dalle mani della sirena Partenope, abile nell’amalgamare in un’unica delizia i migliori frutti della terra vesuviana. Tre sono i suoi ingredienti principali: il grano simbolo di ricchezza, le uova emblema di vita, la ricotta ovina immagine di abbondanza del gregge.
Presente in ogni periodo dell’anno, mantiene un rapporto privilegiato con la Pasqua, quando sin dall’epoca di
Costantino i primi cristiani usavano confezionare focacce da scambiare durante la festa.
La ricetta della pastiera, come quelle di altri dolci, è stata custodita e perfezionata all’interno degli ordini
conventuali. Nel ‘700, le suore di S. Gregorio Armeno, hanno canonizzato la versione attuale della ricetta,
facendone un dolce che le famiglie benestanti di Napoli ritenevano indispensabile per festeggiare la Pasqua.
Esiste anche una leggenda più "reale" che narra di alcuni pescatori che, a causa dell'improvviso maltempo, erano rimasti in balia delle onde per un giorno e una notte. Una volta riusciti a rientrare
a terra, a chi domandava loro come avessero potuto resistere in mare così tanto tempo, rispondevano di aver mangiato la Pasta di Ieri, fatta con ricotta, uova, grano ed aromi. Per questo motivo la Pastiera divenne simbolo di rinascita, per aver dato una seconda vita a questi quattro pescatori.
Si racconta che Maria Teresa d'Asburgo, seconda moglie di re Ferdinando II di Borbone, soprannominata la Regina che non sorride mai, cedendo alle insistenze del marito buontempone, accondiscese ad assaggiare una fetta di pastiera e non poté far a meno di sorridere.
DOLCI NATALIZI
Un detto, che rispecchia proprio il periodo delle feste natalizie e che rimarca i suoi abbondanti e
duraturi pasti, dice: “si sa quando ti siedi a tavola ma non si sa quando ti alzi”, di conseguenza c’è
una grande abbondanza di dolci, tra i quali spiccano struffoli, mostaccioli e torroni, che sono una
vera e propria delizia per il palato.
Struffoli
Gli struffoli, sono delle palline di farina, lievito, uova e zucchero, fritte nell’olio bollente e ricoperte di miele e di “diavulilli”, piccoli confetti colorati, c’è anche chi li preferisce senza aggiunte.
La loro origine sembrerebbe greca, come testimonierebbe la preparazione dei “loukoumades”
(ghiottonerie). Anche il nome struffoli deriverebbe dal greco "strongoulos" o "stroggulos” (di forma tondeggiante).
La loro diffusione avvenne in epoca moderna grazie ai conventi napoletani, dove le suore li preparavano per
offrirli come dono natalizio alle famiglie nobili che si erano distinte per atti di carità.
Nel trattato di cucina di fine XVII sec. di Antonio Latini si citano gli “strufoli o struffoli alla romana”,
l'odierna ricetta napoletana.
Mostaccioli
I mostaccioli chiamati per tradizione “mustacciuoli” derivano dal latino “mustaceum”, che indicava
una focaccia dolce tra i cui ingredienti figurava il mosto d’uva cotto su foglie di lauro. Hanno una
forma romboidale e sono grandi circa 10–12 cm.
Sono ricoperti di una glassa di cioccolato, mentre all'interno sono caratterizzati da una pasta
morbida dal sapore di miele e frutta candita.
Negli ultimi anni sono nate molte varianti di mostaccioli, nelle quali la glassa al cioccolato è sostituita
da una glassa di cioccolato bianco o da una glassa di zucchero e canditi. A Benevento e nell'intero
Sannio vengono elaborati a pasta più morbida alta, a cui viene aggiunta durante l'impasto il liquore
Strega. Variano anche nelle dimensioni che risultano essere leggermente più piccole.
Per tradizione, il mostacciolo era offerto ai convitati al momento della partenza, un ultimo segno di
attenzione all'ospite che si congedava ed ancora oggi viene rispettata questa tradizione.
Torrone
Tipico del Sannio, invece è il torrone la cui tradizione risale all’epoca sannita. Apprezzato e
consumato dalle classi agiate, come da quelle più povere, il torrone era conosciuto già al tempo dei
Romani. Anche il poeta latino Marziale ci racconta che la cupedia era una delle specialità gastronomiche del Sannio e non a caso i venditori ambulanti di torrone vengono chiamati "cupetari".
Il termine "torrone" invece deriverebbe dal latino torreo, che significa "abbrustolire", con
riferimento alla tostatura delle nocciole e delle mandorle.
A Benevento, è da sempre diffusissima la produzione del torrone, attività che si è poi estesa a tutta
la provincia, che negli anni si è distinta per il sorgere continuo di numerosi centri produttivi di
eccellenza, come a esempio le cittadine di Santa Croce del Sannio e Montefalcone di Val Fortore.
La fama del torrone di Benevento, già enclave dello Stato Pontificio, si diffuse in particolar modo nel
XVII secolo, in quanto, in occasione delle feste natalizie, il prodotto veniva mandato fino a Roma, in
dono a prelati e ad alti personaggi della capitale. Non a caso nel secolo successivo una delle specialità prodotte, una vera leccornia, si chiamò appunto "torrone del Papa". Ma furono soprattutto i Borboni nel 1800 a valorizzare la "cupeta beneventana" facendolo diventare il prodotto natalizio per eccellenza, dando avvio a una tradizione che si è tramandata nei secoli fino ai nostri giorni.
Se parliamo di "Torrone di Benevento" oggi ci riferiamo a diverse varietà: il torrone cupedia bianco con nocciole, quello bianco morbido con mandorle e il Torroncino croccantino ricoperto con cioccolato, tipico di San Marco dei Cavoti; questi torroni di gusti diversi condividono alcune qualità caratterizzanti:
sono molto asciutti, dolci e friabili.
Il classico torrone di Benevento è un dolce dagli ingredienti di base semplici: bianco d'uovo, miele,
nocciole e mandorle. Morbido o duro, bianco o al cioccolato, alle mandorle o alle nocciole, esso è
una leccornia dal sapore superiore, quasi regale. In esso, arte e tradizione, passato e presente, si fondono con armonia: la scelta delle materie prime, la lavorazione e la cottura sono svolte, infatti, con la stessa cura e dedizione di un tempo. L'utilizzo di metodi di produzione artigianali e il rispetto delle antiche ricette assicura al prodotto qualità e genuinità.
Lino Fucci
SITOGRAFIA
Zeppola - Wikipedia
Antropologia alimentare frittelle di San Giuseppe e festa del papà (taccuinigastrosofici.it)
Storia della pastiera napoletana (taccuinigastrosofici.it)
Pastiera napoletana - Wikipedia
Storia degli struffoli (taccuinigastrosofici.it)
Struffoli - Wikipedia
Storia mostaccioli (taccuinigastrosofici.it)
Mustaccioli (gastronomia campana) - Wikipedia
Torrone di Benevento (regione.campania.it)
Torrone - Wikipedia
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