Articolo a cura di Lino Fucci
Laureando in Scienze dell'Alimentazione e Gastronomia
Ricercatezza ed equilibrio organolettico sono il pregio manifesto dei profumi che salgono al naso mentre muoviamo, stretto nel palmo della mano, il bicchiere panciuto che contiene il cognac. Per le qualità intrinseche e per la nomea di nobiltà acquisita nel tempo, l' acquavite di Cognac, invecchiata nelle cantine poste al livello del suolo nell’omonima regione francese, assurge a distillato per eccellenza. I distillatori d'oltralpe lo definiscono “profumo che si assapora” e ne curano da secoli la riuscita tra alterne vicissitudini di natura economica o di coltivazione, attenti alle regole stabilite dal disciplinare di produzione.
I terreni della regione del Cognac, analizzati per la prima volta nel 1850 dal geologo francese Henri Coquand mostrano una correlazione evidente tra le varie zone di produzione e la qualità dell'acquavite ottenuta. Il lavoro del geologo portò a formalizzare la delimitazione della zona di produzione del Cognac in Charente e Charente-Maritime per decreto del 1909. Il territorio fu successivamente ampliato fino a comprendere sei zone:
Grande Champagne, Petite Champagne, Borderies, Fin Bois, Bon Bois e Bois Ordinaires.
L'espansione della zona di produzione è concentrica, la città di Cognac al centro, i sei cru ad anello, identificati sulla base delle caratteristiche del suolo e del clima, varianti che determinano la qualità e il profilo aromatico del distillato, maggiore al centro e decrescente man mano che ci si inoltra verso gli anelli periferici. Il terreno dei primi due cru, Grande e Petite Champagne, è ricco di ciottoli di creta bianca, un tappeto di cristalli minuscoli che riflettono sul grappolo d’uva la luce caratteristica delle Charentes e facilitano la
maturazione del chicco.
Processo di produzione
In Autunno l'uva è raccolta, spremuta e liberata da bucce e raspi ed il mosto, che fermenta naturalmente, si conserva sui depositi naturali della fermentazione, le fecce. A fine inverno il vino, molto acido e poco alcolico, possiede la composizione ideale per la distillazione che avviene, per disciplinare, entro il 31 marzo dell’anno seguente la vendemmia, in alambicco discontinuo, rifacendosi al metodo tradizionale detto “a ripasso“.
Le distillerie delle Charentes sono a conduzione familiare, piccole e tradizionali, e producono acquavite, secondo ritmi e metodi immutati nel corso dei secoli, sempre e per legge con doppia distillazione nel tipico alambicco charentais, fabbricato a mano in rame purissimo. I vapori alcolici della prima cavata, o brouillis che condensano quando fuoriescono dall’alambicco, hanno l'aspetto di un liquido lattiginoso con tenore alcolico che varia tra il 28 e il 32% di volume. Il brouillis è destinato ad essere distillato di nuovo, o ripassato, per fornire al maestro di cantina la bonne chauffe, il cuore della seconda distillazione, una cavata cristallina e limpida che contiene il 70% in volume di alcool puro.
Le esperte mani di un maitre de chai (maestro di cantina) sapranno trasformare l' acquavite nell’eccelso distillato da meditazione.
La fase di invecchiamento si compie in fusti di legno di rovere bianca centenaria del Limousin, foresta ai confini della regione di Cognac. Essa è affidata alla sapienza dell'uomo capace di unire i distillati di diversi cru e di svariati anni in assemblaggi assolutamente vantaggiosi per la pienezza finale del complesso aromatico e della rotondità di corpo del cognac perfetto.
Nelle cantine il distillato di vino respira assorbendo ossigeno ed evaporando alcol attraverso la microporosità delle doghe di rovere. L'ossidazione, determinata dalla contatto con l'aria penetrata nel fusto, è il principale agente di ricchezza e varietà di profumi in dote al miglior cognac, mentre l' evaporazione, detta “parte degli angeli” ed equivalente al 3% del volume d’acquavite contenuta, annerisce i muri e le tegole degli chais, le cantine, i caratteristici edifici in pietra dove sono conservate le botti, conferendo ad essi una patina scura e vellutata creata dal fungo microscopico Torula coniacensis, che si nutre dei vapori di alcol e di salnitro presente sui vecchi muri. Le cantine attenuano gli eccessi climatici di calura estiva e di rigore invernale e, lentamente e progressivamente, il cognac si affina acquisendo il famoso e inimitabile rancio charentais, espressione intraducibile che indica una sensazione olfattiva ampia e complessa con note morbide di tostatura, frutta secca, vaniglia e altre spezie.
L’etichetta
Un certo numero di indicazioni specificate sull’etichetta, alcune obbligatorie per disciplinare, aiutano a valutare le caratteristiche dell' acquavite.
È obbligatoria per legge l'indicazione della percentuale volumetrica di alcol, minimo 40% in volume, secondo regola del disciplinare e del tipo di acquavite contenuta nella bottiglia, con specifiche indicazioni di Appellation d’Origine Controlée o Aoc:
(Fine) Cognac o Eau-de-vie de Cognac o Eau-de-vie des Charentes per le acquaviti di vino elaborate nella regione delimitata di Cognac, a sud ovest della Francia, senza indicazione del cru di provenienza;
Cognac Grande (Fine) Champagne, Cognac Petite (Fine) Champagne, Cognac (Fine) Borderies, Cognac (Fine) Fin Bois, Cognac (Fine) Bon Bois: sono acquaviti prodotte con vini al 100% provenienti dall'area di denominazione indicata;
Fine Champagne: Aoc Che definisce un'acquavite composta almeno al 50% di cru di Grande Champagne e al massimo al 50% di cru di Petite Champagne.
Nel lessico della denominazione di origine del Cognac la parola “Fine”, autorizzata per una legge del 1928, designa un acquavite di origine viticola (Fine Cognac) e l’acquavite ottenuta da vino di mele, il sidro (Fine Calvados). Il termine “Fine” non fornisce però alcuna indicazione su l'età dell’Aoc.
Il cognac può essere messo in commercio dopo un invecchiamento in fusti di legno di rovere di un tempo non inferiore ai due anni, conteggiati a partire dal mese di aprile dell’anno successivo alla vendemmia.
Le definizioni di età sono:
V.S. (Very Special) o Trois étoiles (***): sono cognac composti con acquavite di almeno due anni.
V.S.O.P. (Very Superior Old Pale) e Reserve: contengono distillati invecchiati per almeno quattro anni.
Napoléon, X.O., Hors d’Age: sono cognac che comprendono nell'assemblaggio acquaviti di almeno sei anni.
Millésime: È una definizione poco frequente che indica il cognac composto di acquaviti ottenute dalle vendemmie di un solo e medesimo anno, corrispondente alla data riportata in etichetta.
I produttori spesso utilizzano acquaviti invecchiate ben più a lungo del termine minimo
richiesto; alcune di esse possono avere alcune decine di anni di età. Si tratta dei fusti
conservati nella zona della cantina chiamata “l'angolo del paradiso“, che danno origine agli
assemblaggi più prestigiosi.
Servizio e degustazione
Al fine di prolungare un momento di raro piacere versate il cognac esclusivamente in bicchieri a tulipano o ballon e prendete tempo per scoprire la ricchezza degli aromi che il distillato sprigiona al naso e le sottili sfumature che regala al palato.
L'aspetto del cognac ci offre le prime indicazioni su viscosità e limpidezza, segnali di un invecchiamento riuscito, confermato dai profumi volatili complessi che salgono al naso di primo acchito. Successivamente, con un naso attento, si avvertono violette, uva passa, fiori di tiglio essiccati, fior di vigna e ultima la vaniglia, tipico profumo da invecchiamento in fusti di legno.
Un grande cognac trova un ottimo abbinamento con preparazioni a base di cacao amaro, cosa spesso difficile da abbinare.
Alcuni dolci a base di miele, speziati con cannella e chiodi di garofano troveranno un ottimo compagno di viaggio nella raffinata persistenza di un cognac VSOP o XO.
La carne dovrà essere invece di cacciagione, speziata e preparata in maniera da avere una struttura pari a quella del Cognac, magari cotta o marinata giungendo un bicchiere del prezioso distillato, per avere nuovi richiami in bocca. In Francia si preparano ottime scaloppine o gamberi stufati cucinati sfumando un bicchiere di distillato.
Per la carne l'importante è che sia accompagnata da intingoli che generino untuosità o grassezza, in caso contrario, la forza alcolica che aiuta a pulire dai grassi e che genera secchezza delle fauci, non troverà una spalla sufficientemente importante per controbilanciare le sue caratteristiche.
Lino Fucci
Bibliografia
Baiguera G. e Caselli U., Manuale del barman, Giunti Editore, Firenze, 2016
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